sabato 30 marzo 2024

Italiani nella neve, parte 6

Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.

Sesta parte, Il caso Letto a tre piazze.

È stato il primo e ad oggi l’unico film nella storia del cinema italiano che abbia trattato in maniera comica un fatto tanto drammatico quanto sia stata la campagna militare in Russia. Stiamo parlando di Letto a tre piazze.

La pellicola, datata 1960 e diretta da Steno, rivolge la propria attenzione verso uno dei tanti aspetti della campagna di Russia, ossia il ritorno in patria dopo tanti anni dei reduci italiani. A tal proposito, il film si ispira ad un fatto realmente accaduto nel 1960. Al termine della guerra, molti dei soldati impegnati in Russia rimasero dispersi e di loro non si seppe più nulla. Dopo diversi anni iniziarono a giungere le prime notizie. La maggior parte di essi aveva trovato la morte nei combattimenti o durante le logoranti marce di trasferimento, altri erano caduti prigionieri e di altri ancora si venne a sapere che, avendo trovato donne ospitali in Russia, vi si erano accasati dimenticando completamente l’Italia. Ma durante tutto il dopoguerra capitava che ogni tanto qualcuno riuscisse a tornare a casa. Alcuni di questi ritorni furono documentati con i servizi de La Settimana Incom, che vennero proiettati nelle sale cinematografiche. Uno degli ultimi arrivi si verificò proprio nel 1960, ma il reduce ebbe un'accoglienza completamente diversa rispetto a quella descritta nei cinegiornali. Infatti il tribunale, accettando la richiesta di morte presunta, l’aveva considerato legalmente morto, consentendo in tal modo alla moglie di sciogliere il vincolo matrimoniale e di potersi risposare. Fu proprio leggendo questa storia che venne in mente agli sceneggiatori del film di affidare a Totò il ruolo di Antonio Di Cosimo, “eroico reduce” di Russia e a Peppino De Filippo quello del prof. Castagnano, “iena approfittatrice” che sposa in seconde nozze Amalia, interpretata da Nadia Gray.

Al fianco dei tre interpreti principali troviamo una schiera di attori che possiamo definire “ricorrenti” nella filmografia di Totò. Cristina Gajoni è Prassede, la governante di casa Di Cosimo/Castagnano che contribuisce ad ingarbugliare la vicenda con la sua relazione con il geloso Nino, interpretato da Gabriele Tinti. Mario Castellani, spalla della prima ora di Totò nei palcoscenici dell’avanspettacolo e famoso per lo storico ruolo dell’onorevole Trombetta in Totò a colori (1952), in Letto a tre piazze interpreta il preside della scuola. Infine Aroldo Tieri, con il tipico stile pignolo e nevrastenico, impersona l’avvocato Vacchi, dapprima consulente legale dei due mariti, successivamente diverrà il terzo incomodo arrivando a sposare Amalia in terze nozze. Ma i protagonisti indiscussi del film sono loro, Totò e Peppino. I due attori napoletani, qui alla loro undicesima interpretazione comune, sorreggono da soli tutto il peso del film, che lamenta una sceneggiatura molto debole. Il film, per il ritmo che riesce ad esporre, può essere facilmente diviso in due sezioni.

La prima parte del film, che vede il ritorno del reduce Di Cosimo e i primi feroci contrasti con il prof. Castagnano, dal punto di vista comico, rappresenta dinamite pura. A questo proposito, il saggista e critico televisivo Giancarlo Governi, all’interno della trasmissione Totòcento (1998), affermerà: "La prima mezz’ora di questo film è fantastica, perché incalzante e implacabile, contiene alcuni dei momenti più scintillanti della comicità di Totò, assecondato da Peppino De Filippo. […] Nel ritorno di Totò dalla Russia, dove dato per disperso e trova la moglie sposata in seconde nozze con Peppino e poi la notte che passano nello stesso letto per impedire che uno dei due vada a dormire con la loro moglie, sono dei momenti di comicità sublime".

In particolare in questi primi trenta minuti, tra diverse scene di impareggiabile comicità, sono da segnalare quella del ritorno a casa e la scoperta del nuovo marito, dove Totò, con uno suo tipico gioco di parole, accusa la moglie di bigamia; oppure altra scena memorabile è quella del letto in cui i due duellanti sono costretti a condividere lo stesso talamo. Riguardo questa sequenza, Governi affermerà: "Nella scena del letto possiamo ammirare tutta l’arte d’improvvisazione di cui era maestro Totò, ma anche Peppino e tutti gli attori della loro generazione che si erano formati fin da ragazzi alla scuola del teatro dell’improvvisazione, della commedia dell’arte come si diceva. Il regista Steno, per non perdersi neppure un attimo di quelle gemme che Totò e Peppino sapevano regalare quando erano immersi nella situazione giusta, girava con due macchine da presa e non dava mai lo stop, perché nessuno avrebbe mai potuto prevedere che cosa sarebbe venuto fuori".

La seconda parte del film risulta meno vivace. La pellicola, dopo l’immancabile puntata al cafè chantant, una costante del cinema di Totò, scivola in maniera discontinua verso il finale che si rivela a sorpresa. Infatti Totò e Peppino, reduci da un naufragio aereo, trovano l’avvocato che ha sposato Amalia, preannunciando così nuovi venti di guerra in casa Di Cosimo.

Il film, distribuito nel 1961, venne pesantemente stroncato dalla critica. Seguendo la sorte comune a tutta la filmografia di Totò, Letto a tre piazze venne bollato dagli esperti come un film di serie B e lo stesso Paolo Merenghetti arrivò a definirlo: "Uno degli episodi meno interessanti del sodalizio cinematografico tra Totò e Peppino; Steno sfrutta in modo abbastanza elementare le possibilità dei due comici, limitandosi a qualche gag (Totò che per potersi addormentare deve appendere sopra la testa un ritratto di Stalin)".

Letto a tre piazze, come larga parte del cinema di Totò, avrà la sua giusta riabilitazione soltanto dopo la morte dell’attore napoletano avvenuta nel 1967. La rivalutazione avverrà grazie ai continui passaggi televisivi, dapprima sulle emittenti private napoletane e poi su quelle nazionali, che consentiranno al cinema di Totò di diventare un cult e di occupare un posto di rilievo nella storia del cinema italiano.

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