giovedì 27 gennaio 2022

Cartina del 30° Batt. Guastatori Alpino

Ricevo e pubblico questa bellissima testimonianza storica donatami del gentilissimo Colonnello Pirola che segue questa pagina; è la cartina rappresentata su un cartoncino natalizio autografato anche da Vincio Delleani, autore del bel libro "Non vogliamo encomi - Cronache del XXX Battaglione Guastatori nella Campagna di Russia 1942-1943".

Cita testualmente... "Il ripiegamento del 30° Btg. Guastatori del Genio per Corpo d'Armata Alpino sul Fronte Russo - 15۰31 gennaio 1943" ... "Nel corso degli incalzanti attacchi nemici superasti in 15 giorni di combattimenti caddero 326 guastatori alpini per primo il loro comandante. I superstiti furono 146".

Il Corpo d'Armata Alpino non si arrende, 1

Il Corpo d'Armata Alpino non si arrende, di Julius Bogatasvo - prima parte.

La sera del 15 gennaio 1943, il tenente Angelo Damini della 34a batteria del gruppo Udine uscì dalla località chiamata "Trebbia osservatorio" per raggiungere il comando dell'8° Reggimento alpini Julia. C'era un gelo tremendo, senza speranza. I soldati della 34a batteria (erano partiti dall'Italia al comando del capitano Lubrani) non battevano neanche più i denti tant'erano rassegnati, loro, come i commilitoni dell'8° cui erano stati aggregati. Quella sera, quando so lo vide capitare davanti, il comandante dell'8°, il colonnello Cimolino, chiese bruscamente al giovane tenente: "Qualcosa di nuovo?". "No, signor colonnello, nulla da segnalare" rispose l'altro.

Il volto del giovanotto di Cavaso del Tomba, in quel di Treviso, era calmo. Il fronte non esisteva praticamente più, i Russi avevano sfondato da giorni, più in là, dov'erano schierati i fanti, ma qui, fra gli alpini, la situazione poteva dirsi ancora sotto controllo. Solo fra quelli dell'8° s'erano registrati morti e feriti: 14 "penne mozze" e 42 "penne ferite". In quel settore, lungo la linea, c'era schierato il Tolmezzo, seguito dal Cividale e da una compagnia cannoni. Il terzo battaglione dell'8°, vale a dire il Gemona si trovava invece nel settore del 9° Reggimento, oltre il caposaldo che portava il nome di "Selenior". I Tedeschi avevano ripiegato abbandonando in fretta una posizione per coprire la quale era stato mandato a sud il battaglione Val Cismon del capitano Valente: il battaglione si era cosi trovato, dall'originario settore del 9° in quello dell'8°...

Il colonnello, dopo la risposta di Damini, non aveva aperto bocca; continuava a guardar fisso dinanzi a sè, sembrava non badare nemmeno al giovane, assorto in chissà quali pensieri, con l'aria preoccupata e due profonde rughe agli angoli delle labbra. "Decisamente è di umor nero", pensò Damini. Il silenzio ormai era pesante; da quando aveva finito di parlare erano trascorsi ormai almeno un paio di minuti senza che il colonnello avesse fatto un minimo tentativo di aprir bocca. "... uhm; qui le cose devono andare piuttosto maluccio", riflettè ancora Angelo Damini; era prima volta, infatti, che il colonnello l'aveva ascoltato senza interromperlo e, soprattutto, che alla fine dell'esposizione non avesse sbraitato qualcosa... beh, questo era fuori di ogni consuetudine.

Ma forse Damini aveva compreso il motivo dell'umore funereo del suo superiore: quella stessa mattina gli osservatori avevano segnalato il passaggio indisturbato di un gruppo folto di carri medi russi; saranno stati circa quattordici; li avevano scorti, mentre filavano a tutto gas sollevando ondate di neve gelata, quelli del comando del Corpo d'Armata Alpino di Rossosch, vale a dire circa venti chilometri alle spalle dei reparti schierati in linea... Forse era questa la ragione? Ma una decina o poco più di carri è poca cosa; in quella guerra era già capitato altre volte: certo, destava perplessità il fatto che fossero piombati alle spalle dello stesso comando di corpo d'armata, ma dopo tutto in quella piana i carri armati erano padroni, almeno finchè qualche ben centrato tiro d'artiglieria li immobilizzava per sempre. Anzi, per quanto ricordava lo stesso Damini di quei carri non dovevano esserne tornati molti alle basi, forse un paio, non certo di più, perchè altri alpini avevano riferito che le cannonate "li avevano sistemati a dovere". E allora, perchè il colonnello si mostrava cosi preoccupato?

Mah... il fronte in quei giorni era un guazzabuglio. Non si riusciva a capir nulla; mentre qui si cacciava il naso fuori per vedere il solito tran-tran, poco più in là, all'insaputa di tutti, con i collegamenti tagliati dall'accerchiamento, alcuni settori subivano pressioni insostenibili. Quella guerra era proprio cosi: imprevedibile. Era tutto un gioco di sacche e controsacche: io accerchio te, tu accerchi me e quelli che prima sono gli assediati diventano di colpo gli assedianti. Poi tutte quelle notizie semiufficiali e le fantasticherie della "voce del fante", di "radio scarpa" o "radio Naja"... che giungevano a confondere ancora di più le idee!

Si parlava per esempio di modernissime divisioni corazzate in arrivo dalla Germania dotate di carri strabilianti, tali da surclassare in un attimo i pur possenti T 34 sovietici. Si raccontava di armi in grado di contrastare le "katiusce", di nuove truppe che sarebbero affluite all'est. Se ne dicevano, insomma, tante e tante che il semplice alpino non ci capiva più nulla e meno che mai arrivavano a comprendere gli ufficiali inferiori. Chissà se quelli di grado più elevato, loro, ci capivano qualcosa? Ma... ecco: finalmente il colonnello Cimolino sembrò scuotersi dalle sue osservazioni "solitarie" e aprì bocca: "Chiedi notizie alla Cuneense, alla nostra sinistra" disse bruscamente al tenente Angelo Damini; "telefona al capitano Brigento, al comando divisione, fa' un salto al comando del 9°... coordina le notizie e riferiscimi subito... ". Poi, dopo un istante di pausa: "... ho la sensazione che le cose non vadano troppo bene per noi".

Il tenente parve stupito, ma portata la mano alla fronte girò su se stesso e si precipitò fuori per assolvere ai nuovi compiti. Correre, telefonare, recarsi al comando del 9° fu tutt'uno. Si sentiva le ali ai piedi e una gran curiosità di sapere quello stava succedendo. Ebbe un breve il colonnello Lavizzari, poi, via, di nuovo fuori nel gelo. Quelli della Cuneense, di Battisti, avevano appena finito di respingere un forte attacco russo; nel settore del 9° invece, niente da segnalare; scaramucce; ma c'era un piccolo particolare: dal comando della Tridentina avevano avvisato che probabilmente i Russi stavano per macchinare qualcosa ai loro danni; o forse la mossa era diretta contro gli Ungheresi, schierati immediatamente a sinistra della divisione di Reverberi, il "general nervous", soprannominato affettuosamente dai suoi alpini "gazzousa"...

Piuttosto, però... ecco, il pericolo veniva da sud: non si sapeva niente preciso, ma tutte quelle voci di "consolidamenti su nuove linee di resistenza", "rettifiche di settore", "valorosi combattimenti" sostenuti dai Tedeschi, non indicavano nulla di buono, niente di positivo: questo era il dato più importante. Quando Cimolino sentì quello che Damini aveva da dirgli, divenne ancora più aggrondato: si mise a camminare su e giù per l'isba che gli faceva da comando, le mani serrate dietro la schiena. "Caro Damini", sbottò infine, "dobbiamo prepararci al peggio. Questa è una guerraccia. Manchiamo di onestà e lealtà da parte dei comandi superiori. Ma dicano perdio una buona volta come stanno le cose, senza reticenze!". Una pausa: il viso del colonnello s'era fatto congestionato, rosso per la rabbia accumulata in tutti quei mesi e che adesso gli veniva fuori tutta d'un colpo, violenta.

mercoledì 26 gennaio 2022

Il viaggio del 2011, Nikolajewka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... il vero sottopassaggio di Nikolajewka, visto dalla parte italiana. Premetto che è stato sicuramente rimodernato e che anche io stentavo a crederlo, ma all'epoca fu proprio il professor Alim Morovoz ad indicarcelo e a dirci che quello che tutti conosciamo viene mostrato agli italiani da sempre perché risulta essere più caratteristico. Lo dico sinceramente: nessuno gli credette troppo perché a tutti noi sembrava impossibile che fosse così... così diverso. Poi negli anni confrontando le cartine dell'epoca, le testimonianze e parlando anche con alcune persone più esperte di me, arrivammo alla conclusione che questo era proprio il famoso sottopassaggio.

Il viaggio del 2011, Nikitowka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... tramonto a Nikitowka.



Raul... Raul Achilli

"Questo è stato il 26 gennaio 1943... Anche Raul mi ha lasciato quel giorno. Raul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giú per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morí sulla neve. Raul, che alla sera prima di dormire cantava sempre: «Buona notte mio amore». E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi Il lamento della Madonna di Jacopone da Todi... ".

Dovevo e volevo essere oggi ancora una volta a Nikolajewka... sono venuto qui a salutare Raul Achilli, almeno questo.

martedì 25 gennaio 2022

Russia 2013... 2018... 2020

Russia 2013, Russia 2018 e Russia 2020... per tre volte ho ripercorso la lunga strada della ritirata dal Don a Nikolajewka con amici diversi. Domani è Nikolajewka e domani sarei dovuto essere ancora una volta là. Non mi resta che il ricordo e la speranza di poter ripercorrere ancora una volta quella strada nell'80° anniversario di quella che fu la ritirata per tutti ma che non fu l'unica!





giovedì 20 gennaio 2022

Le fotografie di Mario Bagnasco, 14

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Prigionieri verso le retrovie".

Il viaggio del 2011, Nikitowka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... Nikitowka e dintorni.











mercoledì 19 gennaio 2022

Rispetto

Non sono soldati italiani, ma per me fa lo stesso... sono soldati ungheresi caduti nella zona di Stalingrado. La fotografia è abbastanza famosa e rende purtroppo bene l'idea di quella che fu la sconfitta delle forze dell'Asse in Russia. Ma a prescindere, potrebbero essere anche italiani o russi o tedeschi o rumeni, e per me meritano tutti quanti rispetto. Erano soldati e solo per questo lo meritano, tutti quanti. Ognuno di loro aveva qualcuno a casa che lo aspettava e anche loro meritano rispetto, soprattutto da parte di chi non ha vissuto sulla propria pelle tutto quanto.

Immagini, la ritirata

Sono i giorni della più famosa delle ritirate di Russia, la più famosa ma non l'unica... vengono scritte tante parole, tanti post, tante testimonianze e risulta così difficile riuscire ad aggiungere dell'altro a tutto ciò. Allora ecco che lascio ad una fotografia per me inedita, recuperata su un forum, il senso di quella che fu per il nostro esercito la più grande tragedia mai subita (a mio avviso anche peggio di Caporetto) e quella che fu per ognuno dei protagonisti forse la più grande tragedia personale. Non si vede un uomo in faccia, ma basta vederli di spalle, vederne le condizioni per comprendere cosa passarono in questi stessi giorni di 79 anni fa.