Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.
Decima e ultima parte, L'Armir in scena.
Il tema del racconto della campagna di Russia non è stato oggetto solamente di film o documentari ma anche di alcune opere teatrali. Agli inizi del nuovo millennio, complice la riscoperta di gran parte della letteratura inerente ai fatti di Russia, sono state realizzate diverse trasposizioni teatrali tra le quali le più significative sono senza dubbio Il sergente e Li Romani in Russia.
Il sergente, tratto dall’opera di Mario Rigoni Stern Il sergente nella neve, è uno spettacolo teatrale ideato, diretto ed interpretato dall’attore bellunese Marco Paolini.
Paolini, già attivo in cinema e televisione, non è affatto nuovo ad esperienze teatrali di questo genere in cui riesce a conciliare il gusto per la ricerca storica con l’intento di denuncia, costanti queste del cosiddetto “teatro di impegno civile”. In tal senso le opere più note di Paolini sono Vajont del 1993 e Il Milione del 1998.
Il sergente, rispettando le linee guida del teatro di narrazione già espresse in Vajont e ne Il Milione, procede ad una disamina priva di retorica e quanto più realistica possibile dei tragici fatti di Russia. A tal riguardo anche la scelta dell’ambientazione ricopre un punto di fondamentale importanza. Se Vajont fu trasmesso dalla sommità della diga e Il Milione fu messo in scena all’Arsenale di Venezia, con il pubblico assiepato sulle barche, Il sergente scelse come location “naturale” una cava di pietra dismessa sui monti Berici, alle porte di Vicenza. Lo stesso Paolini dirà riguardo a questa scelta: "Per il teatro bastano quattro muri. Ma il mezzo televisivo ha una sua urgenza, ha bisogno di un luogo che aggiunga la potenza di un'immagine non pretestuosa. Altrimenti, incorniciato dallo schermo, diventa lontanissimo da chi sta a casa. A me interessa la tv in diretta, e che abbia un pubblico presente in carne e ossa. Su un fiume era difficile, e certo non potevamo mettere della neve posticcia. Ho trovato questa cava. Mi pare perfetta per raccontare una discesa oltre ogni limite, al fondo della condizione umana, come quella che racconta Rigoni".
Attraverso l’utilizzo della tecnica del monologo, lo spettacolo, che non presenta alcuna interruzione pubblicitaria, può essere suddiviso in due grandi blocchi narrativi: il primo racconta la vita di trincea e la sua immobile monotonia che snerva gli alpini e riporta alla memoria la staticità dei fanti della Grande Guerra; la seconda parte, di durata più breve, racconta i momenti d’addio al caposaldo e l’inizio della tragica ritirata.
Il sergente, portato in teatro tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006, ebbe la sua consacrazione il 30 ottobre 2007 con la diretta televisiva su La7 che, in funzione della messa in onda di questo spettacolo, impostò tutto il palinsesto della giornata sul tema della guerra.
Il critico teatrale Mauro Favaro a proposito de Il sergente scrisse: "Nelle prime uscite con un nuovo lavoro sembra che il narratore-Paolini misuri la disponibilità del pubblico ad ascoltarlo, assegnando ad esso il preciso ruolo di collaboratore, attivo e vivente, nel processo del “fare teatro”. Lo stesso è accaduto con “Il Sergente”. Ma se è vero il collaboratore più importante di chi narra è inevitabilmente colui che ascolta, è anche vero che proprio in quelle occasioni la necessità di racconto si è tramutata nel racconto vero e proprio, non già per misurare la tenuta di una storia reale, ma per riordinare uno spettacolo che, come afferma Paolini, non è un antidoto a quanto accaduto, bensì esperienza utile alla memoria, per poter addestrare e per poter istruire".
Li Romani in Russia è l’adattamento dell’omonima opera del poeta, scrittore e regista Elia Marcelli, reduce della campagna di Russia. L’opera, adattata a pièce teatrale da Marcello Teodonio, narra le vicende di un gruppo di soldati romani della divisione Torino che la guerra scaraventò dalla caserma della Cecchignola, vicino Roma, alle rive innevate del fiume Don.
Li Romani in Russia si presenta come una nuova forma di teatro civile che mostra numerose innovazioni soprattutto a livello linguistico mediante l’accostamento dell’ottava classica al dialetto romanesco. Conciliando in tal modo la metrica dei grandi poemi classici con la lingua popolare di Giuseppe Gioacchino Belli, viene fuori una narrazione più spontanea del solito.
Lo spettacolo è interpretato unicamente dal cantautore Simone Cristicchi che, vestito con una «divisa d’epoca, uno zaino, un fucile e una sedia», ha dato vita ad una narrazione ricca di pathos dal taglio decisamente cinematografico.74 Cristicchi, dopo esser passato alla ribalta nazionale con il singolo Vorrei cantare come Biagio (2005) e la vittoria al Festival di Sanremo del 2007 con la canzone Ti regalerò una rosa, si è dedicato alla realizzazione di questo spettacolo teatrale, spinto anche da motivi di natura familiare. Infatti suo nonno Rinaldo, fante della divisione Torino, fu uno dei pochi ad essere riuscito a ritornare vivo dalla Russia portando con sé la paura per il freddo, paura che lo tormentò per tutto il resto della sua vita.
La preparazione di questo spettacolo è stata molto intensa al punto che Cristicchi ebbe a dire in un'intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano: "Per arrivare degnamente preparato al mio debutto come attore, ho dovuto lavorare sodo imponendomi una disciplina ferrea, anche perché portare in scena un monologo di un’ora e mezza è faticoso come scalare una montagna; ma rispetto a un concerto mi dà molta più soddisfazione. Solo per imparare a memoria il testo ho impiegato 4 mesi. Poi, prima di lavorare con il regista, ho preferito fare delle anteprime, per testare da subito la reazione del pubblico. E se oggi porto in scena questo spettacolo, è proprio grazie all’incoraggiamento del pubblico che ha assistito a quelle prime repliche. Successivamente è arrivato il regista Alessandro Benvenuti, e devo dire che c’è stato il vero salto di qualità. Dalle luci alle musiche alla mia recitazione. Ho imparato da Benvenuti l’arte della caratterizzazione di ogni singolo personaggio: il colonnello, il sergente maggiore, il prete, e poi Gigi, Peppe, Nicola, Zi’ Pasquale, er Professore, ovvero i soldati del plotone. La sua grande esperienza è servita a dare un perfetto equilibrio alla musicalità della narrazione, a limare alcune ingenuità iniziali, evitando di enfatizzare troppo la recitazione".
Dopo il debutto del 30 ottobre 2010 al teatro Na Starnon di Mosca, in una serata organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura a Mosca (IICM), Li Romani in Russia ha dato inizio ad una tournée sul territorio nazionale fino a tutto il 2015 e con alcune date anche nel 2016.
Il critico Alessandro Bronzini, favorevolmente impressionato dalla performance di Cristicchi, scriverà: "Simone dà voce a tutto questo con credibilità, sensibilità e tenerezza facendo suo un testo vissuto sulla propria pelle, ancor prima che imparato a memoria. Lo aiuta la regia impeccabile di Alessandro Benvenuti che alterna registri stilistici differenti a prima vista incompatibili con la durezza del testo e che invece ne rafforzano la credibilità, creando da subito quell’ empatia con il pubblico che è la chiave di volta di uno spettacolo davvero ben riuscito e che, ribadisco, avrebbe davvero ben pochi validi motivi per essere perso".
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Trekking ed escursioni in Russia sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale
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martedì 31 dicembre 2024
Omaggio a Giuseppe Toigo
"Poi giunsero ad affrontarli quattro semoventi tedeschi e lo scontro entrò, nel vivo. I carri russi, che avanzavano nella valletta percorsa dalla rotabile diretta al "tattico", riuscirono a bloccarne uno, ma quando i fanti russi tentarono di neutralizzare l'equipaggio salendo a bordo, ci fu un colpo di scena. Apparve infatti un secondo semovente tedesco: su di esso vi era l'alpino Giuseppe Toigo della 265ª. Toigo si era fatto legare alla struttura esterna del mezzo per poter brandeggiare a mani libere una mitragliatrice e sparava furiosamente facendo strage di attaccanti. Il semovente si fermò in mezzo alla valletta e continuò a falciare con le armi di bordo le fanterie che lo circondavano. Lo stesso faceva Toigo ritto sul carro con la sua "pesante", senza essere mai colpito.
[...] Tutto era finito. Il semovente tedesco che aveva messo in fuga la colonna russa fece rientro e Toigo venne accolto tra le acclamazioni entusiastiche di tutti i presenti. La fortuna però gli venne meno quando, poche ore più tardi, al rientro da un'altra incursione contro i russi, fu colpito da schegge di mortaio che gli troncarono un braccio e lo privarono della vista.
Insignito in vita della Medaglia d'Oro al Valor Militare per i fatti di cui era stato protagonista, Toigo morì nel 1955 per le conseguenze delle gravi ferite riportate in quella circostanza. Abitava ad Arten, una frazione di Fonzaso, paese dove mio padre era nato e lo aveva frequentato da ragazzo. Emigrato in Francia per lavoro prima della guerra, Toigo - da uomo semplice e generoso, animato da grande senso del dovere - era rientrato in Italia per compiere da volontario il proprio dovere di soldato. Tognato, che lo conosceva bene, sostiene che Toigo ...non avrebbe sopportato che i suoi amici di leva fossero al fronte mentre lui era un imboscato". Nel dopoguerra, gli fu intitolata la caserma di Belluno che fu sede del battaglione logistico della brigata alpina "Cadore", ora disciolta.
Sarà il capitano Mosetti, nella veste di comandante interinale del "Val Cismon" a proporre l'alpino Giuseppe Toigo, grande mutilato e cieco di guerra, per la più alta ricompensa al Valor Militare, facendo presente altresì che era già stato proposto per lo stesso riconoscimento dal comandante titolare del battaglione, capitano Valenti, prima della sua morte in combattimento avvenuta il 21 gennaio 1943.
Toigo era in forza al plotone cacciatori di carri della 265ª compagnia. Questi i passaggi più significativi della relazione per la concessione della ricompensa: "Rientrato dalla Francia per arruolarsi nell'Esercito Italiano, non mancava mai di partecipare alle azioni più arrischiate e dal suo energico comportamento traspariva tutto il suo amor patrio ed un potente ideale che lo portava a dare tutto se stesso per la grandezza dell'Italia in armi". "Più volte si era trovato a lottare da solo contro preponderanti forze nemiche e per ben tre volte rientrava ferito nelle nostre linee; ciononostante rifiutava sempre di essere ricoverato e si accontentava della semplice medicazione. Dotato di grande forza fisica, riusciva sempre a sorpassare i momenti di crisi e di stanchezza".
"Il giorno 28 Dicembre l'Alpino Toigo superò se stesso quando si offerse volontario per un'azione rischiosissima. I carri armati nemici avevano portato lo scompiglio tra le nostre linee; bisognava reagire energicamente contro le masse nemiche che avanzavano compatte. L'Alpino Toigo si faceva legare sopra un carro armato alleato a completamente allo scoperto, con un'arma automatica pesante porta la strage tra le fila nemiche".
Così Valenti aveva concluso: "L'Alpino Toigo, rientrato dalla rischiosa azione, viene raggiunto da un colpo di mortaio e resta gravemente mutilato agli occhio e ad una mano. Fronte Russo: Selenyi Jar 28.12.1942".
Da "Trincee di ghiaccio - Il battaglione "Val Cismon" della divisione "Julia" sul fronte russo" di Adriano Vieceli.
[...] Tutto era finito. Il semovente tedesco che aveva messo in fuga la colonna russa fece rientro e Toigo venne accolto tra le acclamazioni entusiastiche di tutti i presenti. La fortuna però gli venne meno quando, poche ore più tardi, al rientro da un'altra incursione contro i russi, fu colpito da schegge di mortaio che gli troncarono un braccio e lo privarono della vista.
Insignito in vita della Medaglia d'Oro al Valor Militare per i fatti di cui era stato protagonista, Toigo morì nel 1955 per le conseguenze delle gravi ferite riportate in quella circostanza. Abitava ad Arten, una frazione di Fonzaso, paese dove mio padre era nato e lo aveva frequentato da ragazzo. Emigrato in Francia per lavoro prima della guerra, Toigo - da uomo semplice e generoso, animato da grande senso del dovere - era rientrato in Italia per compiere da volontario il proprio dovere di soldato. Tognato, che lo conosceva bene, sostiene che Toigo ...non avrebbe sopportato che i suoi amici di leva fossero al fronte mentre lui era un imboscato". Nel dopoguerra, gli fu intitolata la caserma di Belluno che fu sede del battaglione logistico della brigata alpina "Cadore", ora disciolta.
Sarà il capitano Mosetti, nella veste di comandante interinale del "Val Cismon" a proporre l'alpino Giuseppe Toigo, grande mutilato e cieco di guerra, per la più alta ricompensa al Valor Militare, facendo presente altresì che era già stato proposto per lo stesso riconoscimento dal comandante titolare del battaglione, capitano Valenti, prima della sua morte in combattimento avvenuta il 21 gennaio 1943.
Toigo era in forza al plotone cacciatori di carri della 265ª compagnia. Questi i passaggi più significativi della relazione per la concessione della ricompensa: "Rientrato dalla Francia per arruolarsi nell'Esercito Italiano, non mancava mai di partecipare alle azioni più arrischiate e dal suo energico comportamento traspariva tutto il suo amor patrio ed un potente ideale che lo portava a dare tutto se stesso per la grandezza dell'Italia in armi". "Più volte si era trovato a lottare da solo contro preponderanti forze nemiche e per ben tre volte rientrava ferito nelle nostre linee; ciononostante rifiutava sempre di essere ricoverato e si accontentava della semplice medicazione. Dotato di grande forza fisica, riusciva sempre a sorpassare i momenti di crisi e di stanchezza".
"Il giorno 28 Dicembre l'Alpino Toigo superò se stesso quando si offerse volontario per un'azione rischiosissima. I carri armati nemici avevano portato lo scompiglio tra le nostre linee; bisognava reagire energicamente contro le masse nemiche che avanzavano compatte. L'Alpino Toigo si faceva legare sopra un carro armato alleato a completamente allo scoperto, con un'arma automatica pesante porta la strage tra le fila nemiche".
Così Valenti aveva concluso: "L'Alpino Toigo, rientrato dalla rischiosa azione, viene raggiunto da un colpo di mortaio e resta gravemente mutilato agli occhio e ad una mano. Fronte Russo: Selenyi Jar 28.12.1942".
Da "Trincee di ghiaccio - Il battaglione "Val Cismon" della divisione "Julia" sul fronte russo" di Adriano Vieceli.
Omaggio a Don Giovanni Brevi
"Don Brevi, cappellano del "Val Cismon", dedicò la giornata di natale a raccogliere e a comporre le salme dei nostri caduti, provvedendo a dar loro sepoltura. Il religioso, fatto prigioniero nel corso della ritirata del gennaio 1943, sopravvisse a quasi 12 anni di privazioni, maltrattamenti e torture nei lager russi. Scrisse alla famiglia: "Ma io rimango sempre sacerdote, ufficiale, cattolico, italiano. Ogni prova mi reca onore".
L'essere sacerdote e ufficiale gli valse un "trattamento speciale" da parte dei russi: fu spostato in ben 36 campi, dal Mar Nero alla Siberia. In ogni circostanza, si prodigò per aiutare i compagni di prigionia, cercò di celebrare messa a di farsi promotore di civili proteste contro le inumane condizioni di detenzione. Nonostante la pressione psicologica e fisica a cui veniva sottoposto, respinse sdegnosamente e con fermezza ogni offerta di collaborazione da parte dei commissari politici sovietici. Insomma, non fu mai disposto ad abbandonare o a tradire gli uomini con i quali aveva sofferto, preferendo invece star loro accanto nei momenti del bisogno e dando degna sepoltura a coloro che erano "andati avanti".
Nel 1951, quando era ancora prigioniero, a Don Brevi venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare. Rientrato in Italia solo nel 1954, divenne una figura molto nota tra gli alpini reduci di Russia".
Da "Trincee di ghiaccio - Il battaglione "Val Cismon" della divisione "Julia" sul fronte russo" di Adriano Vieceli.
L'essere sacerdote e ufficiale gli valse un "trattamento speciale" da parte dei russi: fu spostato in ben 36 campi, dal Mar Nero alla Siberia. In ogni circostanza, si prodigò per aiutare i compagni di prigionia, cercò di celebrare messa a di farsi promotore di civili proteste contro le inumane condizioni di detenzione. Nonostante la pressione psicologica e fisica a cui veniva sottoposto, respinse sdegnosamente e con fermezza ogni offerta di collaborazione da parte dei commissari politici sovietici. Insomma, non fu mai disposto ad abbandonare o a tradire gli uomini con i quali aveva sofferto, preferendo invece star loro accanto nei momenti del bisogno e dando degna sepoltura a coloro che erano "andati avanti".
Nel 1951, quando era ancora prigioniero, a Don Brevi venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare. Rientrato in Italia solo nel 1954, divenne una figura molto nota tra gli alpini reduci di Russia".
Da "Trincee di ghiaccio - Il battaglione "Val Cismon" della divisione "Julia" sul fronte russo" di Adriano Vieceli.
sabato 28 dicembre 2024
I servizi logistici, parte 3
PREMESSA.
I testi che seguono sono un estratto de "I servizi logistici delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943)" edito dall'Ufficio Storico del Ministero della Difesa - Stato Maggiore dell'Esercito; la mia divulgazione ha il solo scopo di proporre alla vostra attenzione alcuni spunti di riflessione di quella che fu la Campagna di Russia per noi italiani, anche dal punto di vista logistico; la mia divulgazione non ha lo scopo di sostituire il testo originale, ma al contrario è un invito all’acquisto, se rintracciabile, per approfondire i temi trattati e conoscere a fondo anche questo aspetto della nostra storia. Buona lettura!
I SERVIZI DELL’INTENDENZA CSIR-ARMIR.
“Nel quadro di questi provvedimenti, ed anche in relazione all'atteggiamento difensivo assunto durante l'inverno dalle grandi unità germaniche, era stata istituita la base di Dniepropetrovsk, a circa 300 chilometri dalle truppe operanti del CSIR, pur dando vita ad una base avanzata nella zona di Stalino-Jassinovatoie, dalla quale ci sarebbe di partita, alla ripresa offensiva, la nuova linea di rifornimenti. […] Verso la fine dell'inverno, frattanto, presso il Comando Supremo era maturata la decisione di accrescere, fino alla forza di un'armata, l'entità della rappresentanza italiana al fronte germano-sovietico.
Sarebbero affluiti su quel teatro d'operazioni il II Corpo d'Armata ed il Corpo d'Armata Alpino, destinati ad unirsi al CSIR per formare l'8ª Armata, integrati da altre unità combattenti alle dirette dipendenze del comando d'armata. […] Appunto per fronteggiare le nuove necessità, determinate dall'arrivo del II Corpo d'Armata e dalla prevista (e poi non verificata) possibilità del suo impiego in quella zona, il 4 giugno 1942 veniva costituita la Delegazione d'Intendenza di Karkov, dalla quale dipendevano adeguati organi esecutivi, soprattutto appartenenti al Servizio di Commissariato. […]
Invece, fino a quando non furono partiti dall'Italia i primi trasporti ferroviari, le autorità tedesche non diedero notizia al comando italiano, e con esso all'Intendenza, sulla zona di scarico e sul probabile impiego del II Corpo d'Armata e del Corpo d'Armata Alpino. […] Il nuovo ordinamento stabilito dall'Armata per i Corpi di Armata presenti allora al fronte orientale (II e XXXV “CSIR”), con uno scambio di divisioni tra le due grandi unità, la previsione della ripresa operativa dell'estate e l'esigenza che i servizi si adeguassero all'imminente offensiva contro il bacino del Mius (Kransnyj Luch), oltre che la prosecuzione che gli arrivi ferroviarie di nuove unità dall'Italia, determinarono la costituzione della Delegazione d’Intendenza di Rykovo-Gorlovka (13 luglio 1942).
L'operazione offensiva il bacino minerario di Kransnyj Luch, condotta dal XXXV Corpo d'Armata “CSIR”, si risolse rapidamente in una generale avanzata di quella grande unità e del II confermata verso il Donez, nella zona di Voroscilovgrad. La nuova fase provocò la costituzione di un'altra Delegazione in quella città, per sovraintendere ai servizi anche durante la successiva marcia verso il Don. […]
L'avanzata verso il Don, l'impiego nell'ansa di Serafimovic della 3ª Divisione Celere, il successivo schieramento sulla sponda destra (occidentale) di quel fiume dei Corpi d'Armata II e XXXV-CSIR, nonché del XXIX Corpo d'Armata germanico determinarono alcuni problemi logistici il 1° agosto venivano costituiti due nuovi “centri logistici avanzati”: - a Millerovo, per le necessità del XXXV Corpo d’Armata “CSIR” e per disciplinare e coordinare, per mezzo di un ufficio staccato, il trasbordo ferroviario tra la stazione di Likaja ed il casello di Staraja Stanizza, nonché il movimento ferroviario dalla stazione di Malcevskaja. Questa località sulla sponda sinistra del Donez, sulla linea Millerovo-Starobelsk, per la più idonea per collegarsi con la città di Voroscilovgrad, sede dell'Intendenza e principale base logistica dell'8ª Armata. In quella stazione venivano scaricati i treni che trasportavano i feriti dagli stabilimenti sanitari avanzati alla base ospedaliera di Voroscilovgrad; - a Kantemirovka, per le necessità del II Corpo d'Armata e della Divisione “Torino”, schierata in un primo tempo a fianco di quella grande unità, ma inquadrata per l'impiego nel XXIX Corpo d'Armata tedesco.
L'ampiezza dei magazzini esistenti a Kantemirovka, l'intensità del movimento, la posizione centrale rispetto a tutto lo schieramento, l'andamento della linea ferroviaria che serviva la località, provenendo da Rossosc e proseguendo su Tcertkovo e Millerovo, mi fecero in maggior centro dell'organizzazione logistica avanzata. […] Il 15 agosto 1942, per l'arrivo del Corpo d'Armata Alpino, al quale era stato assegnato il compito di operare nella zona caucasica alle dipendenze della 17ª Armata germanica, veniva costituita una nuova Delegazione d'Intendenza nella zona di Rostov (Mar d'Azov).
Essa fu disciolta pochi giorni dopo, in conseguenza delle mutate decisioni sull'impiego della grande unità. Le necessità logistiche dei tre corpi d'armata schierati sul Don (II e XXXV italiani e XXIX germanico), in relazione alle possibilità limitate di centri di Millerovo e Kantemirovka, determinarono la costituzione (31 agosto 1942) del centro logistico di Tcertkovo-Mankovo Kalitvenskaja, particolarmente orientato a servire la Divisione “Torino” di cui si è detto sopra e la 62ª Divisione germanica, anch’essa dipendente dal XXIX Corpo d’Armata. Il mutato impiego del Corpo d'Armata Alpino e il suo schieramento in un settore a nord di quello difeso dal II Corpo d'Armata richiesero la costituzione di un altro centro logistico nella cittadina di Rossosc (1° settembre 1942).
L'organizzazione logistica dell'8ª Armata Raggiungeva in quel tempo la massima estensione, comprendendo una fascia di territorio ampia trecentocinquanta km da nord a sud e cinquecento da ovest ad est (corrispondente per estensione ad oltre metà della superficie dell'intera Italia). […] alla fine di novembre, l'afflusso dell'unità costituenti la Divisione “Vicenza”, impiegata per la sicurezza delle retrovie, determinava l'istituzione, in Kupijansk, di un altro Ufficio Staccato di Intendenza, così come un altro ancora, nello stesso periodo, era costituito a Karkov, donde prendeva origine la linea ferroviaria di alimentazione dell'intera organizzazione logistica dell'8ª Armata. […]
All'inizio di dicembre, quando sulla sponda sinistra (orientale) del Don, di fronte alle grandi unità dell'8ª Armata si andavano raffittando gli schieramenti sovietici del “Fronte di Voronez” e del “Fronte Sud-Ovest”, destinati a svolgere una fase della prevista offensiva invernale, l'Intendenza disponeva non soltanto il prudenziale alleggerimento dei magazzini avanzati, ma anche l'adeguamento dell'organizzazione ospedaliera per le inevitabili necessità che sarebbero derivate dalla prossima battaglia. Lo sgombero avrebbe avuto luogo principalmente su un nuovo centro logistico di Karkov, costituito in relazione al mutamento della linea ferroviaria di alimentazione da quella meridionale a questa settentrionale. […] Tra i primi impianti situati a Karkov era quello di un importante centro ospedaliero”.
“Stato Maggiore dell'Esercito, I servizi logistici delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), pagg. 32-37”.
I testi che seguono sono un estratto de "I servizi logistici delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943)" edito dall'Ufficio Storico del Ministero della Difesa - Stato Maggiore dell'Esercito; la mia divulgazione ha il solo scopo di proporre alla vostra attenzione alcuni spunti di riflessione di quella che fu la Campagna di Russia per noi italiani, anche dal punto di vista logistico; la mia divulgazione non ha lo scopo di sostituire il testo originale, ma al contrario è un invito all’acquisto, se rintracciabile, per approfondire i temi trattati e conoscere a fondo anche questo aspetto della nostra storia. Buona lettura!
I SERVIZI DELL’INTENDENZA CSIR-ARMIR.
“Nel quadro di questi provvedimenti, ed anche in relazione all'atteggiamento difensivo assunto durante l'inverno dalle grandi unità germaniche, era stata istituita la base di Dniepropetrovsk, a circa 300 chilometri dalle truppe operanti del CSIR, pur dando vita ad una base avanzata nella zona di Stalino-Jassinovatoie, dalla quale ci sarebbe di partita, alla ripresa offensiva, la nuova linea di rifornimenti. […] Verso la fine dell'inverno, frattanto, presso il Comando Supremo era maturata la decisione di accrescere, fino alla forza di un'armata, l'entità della rappresentanza italiana al fronte germano-sovietico.
Sarebbero affluiti su quel teatro d'operazioni il II Corpo d'Armata ed il Corpo d'Armata Alpino, destinati ad unirsi al CSIR per formare l'8ª Armata, integrati da altre unità combattenti alle dirette dipendenze del comando d'armata. […] Appunto per fronteggiare le nuove necessità, determinate dall'arrivo del II Corpo d'Armata e dalla prevista (e poi non verificata) possibilità del suo impiego in quella zona, il 4 giugno 1942 veniva costituita la Delegazione d'Intendenza di Karkov, dalla quale dipendevano adeguati organi esecutivi, soprattutto appartenenti al Servizio di Commissariato. […]
Invece, fino a quando non furono partiti dall'Italia i primi trasporti ferroviari, le autorità tedesche non diedero notizia al comando italiano, e con esso all'Intendenza, sulla zona di scarico e sul probabile impiego del II Corpo d'Armata e del Corpo d'Armata Alpino. […] Il nuovo ordinamento stabilito dall'Armata per i Corpi di Armata presenti allora al fronte orientale (II e XXXV “CSIR”), con uno scambio di divisioni tra le due grandi unità, la previsione della ripresa operativa dell'estate e l'esigenza che i servizi si adeguassero all'imminente offensiva contro il bacino del Mius (Kransnyj Luch), oltre che la prosecuzione che gli arrivi ferroviarie di nuove unità dall'Italia, determinarono la costituzione della Delegazione d’Intendenza di Rykovo-Gorlovka (13 luglio 1942).
L'operazione offensiva il bacino minerario di Kransnyj Luch, condotta dal XXXV Corpo d'Armata “CSIR”, si risolse rapidamente in una generale avanzata di quella grande unità e del II confermata verso il Donez, nella zona di Voroscilovgrad. La nuova fase provocò la costituzione di un'altra Delegazione in quella città, per sovraintendere ai servizi anche durante la successiva marcia verso il Don. […]
L'avanzata verso il Don, l'impiego nell'ansa di Serafimovic della 3ª Divisione Celere, il successivo schieramento sulla sponda destra (occidentale) di quel fiume dei Corpi d'Armata II e XXXV-CSIR, nonché del XXIX Corpo d'Armata germanico determinarono alcuni problemi logistici il 1° agosto venivano costituiti due nuovi “centri logistici avanzati”: - a Millerovo, per le necessità del XXXV Corpo d’Armata “CSIR” e per disciplinare e coordinare, per mezzo di un ufficio staccato, il trasbordo ferroviario tra la stazione di Likaja ed il casello di Staraja Stanizza, nonché il movimento ferroviario dalla stazione di Malcevskaja. Questa località sulla sponda sinistra del Donez, sulla linea Millerovo-Starobelsk, per la più idonea per collegarsi con la città di Voroscilovgrad, sede dell'Intendenza e principale base logistica dell'8ª Armata. In quella stazione venivano scaricati i treni che trasportavano i feriti dagli stabilimenti sanitari avanzati alla base ospedaliera di Voroscilovgrad; - a Kantemirovka, per le necessità del II Corpo d'Armata e della Divisione “Torino”, schierata in un primo tempo a fianco di quella grande unità, ma inquadrata per l'impiego nel XXIX Corpo d'Armata tedesco.
L'ampiezza dei magazzini esistenti a Kantemirovka, l'intensità del movimento, la posizione centrale rispetto a tutto lo schieramento, l'andamento della linea ferroviaria che serviva la località, provenendo da Rossosc e proseguendo su Tcertkovo e Millerovo, mi fecero in maggior centro dell'organizzazione logistica avanzata. […] Il 15 agosto 1942, per l'arrivo del Corpo d'Armata Alpino, al quale era stato assegnato il compito di operare nella zona caucasica alle dipendenze della 17ª Armata germanica, veniva costituita una nuova Delegazione d'Intendenza nella zona di Rostov (Mar d'Azov).
Essa fu disciolta pochi giorni dopo, in conseguenza delle mutate decisioni sull'impiego della grande unità. Le necessità logistiche dei tre corpi d'armata schierati sul Don (II e XXXV italiani e XXIX germanico), in relazione alle possibilità limitate di centri di Millerovo e Kantemirovka, determinarono la costituzione (31 agosto 1942) del centro logistico di Tcertkovo-Mankovo Kalitvenskaja, particolarmente orientato a servire la Divisione “Torino” di cui si è detto sopra e la 62ª Divisione germanica, anch’essa dipendente dal XXIX Corpo d’Armata. Il mutato impiego del Corpo d'Armata Alpino e il suo schieramento in un settore a nord di quello difeso dal II Corpo d'Armata richiesero la costituzione di un altro centro logistico nella cittadina di Rossosc (1° settembre 1942).
L'organizzazione logistica dell'8ª Armata Raggiungeva in quel tempo la massima estensione, comprendendo una fascia di territorio ampia trecentocinquanta km da nord a sud e cinquecento da ovest ad est (corrispondente per estensione ad oltre metà della superficie dell'intera Italia). […] alla fine di novembre, l'afflusso dell'unità costituenti la Divisione “Vicenza”, impiegata per la sicurezza delle retrovie, determinava l'istituzione, in Kupijansk, di un altro Ufficio Staccato di Intendenza, così come un altro ancora, nello stesso periodo, era costituito a Karkov, donde prendeva origine la linea ferroviaria di alimentazione dell'intera organizzazione logistica dell'8ª Armata. […]
All'inizio di dicembre, quando sulla sponda sinistra (orientale) del Don, di fronte alle grandi unità dell'8ª Armata si andavano raffittando gli schieramenti sovietici del “Fronte di Voronez” e del “Fronte Sud-Ovest”, destinati a svolgere una fase della prevista offensiva invernale, l'Intendenza disponeva non soltanto il prudenziale alleggerimento dei magazzini avanzati, ma anche l'adeguamento dell'organizzazione ospedaliera per le inevitabili necessità che sarebbero derivate dalla prossima battaglia. Lo sgombero avrebbe avuto luogo principalmente su un nuovo centro logistico di Karkov, costituito in relazione al mutamento della linea ferroviaria di alimentazione da quella meridionale a questa settentrionale. […] Tra i primi impianti situati a Karkov era quello di un importante centro ospedaliero”.
“Stato Maggiore dell'Esercito, I servizi logistici delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), pagg. 32-37”.
martedì 24 dicembre 2024
I servizi logistici, parte 2
PREMESSA.
I testi che seguono sono un estratto de "I servizi logistici delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943)" edito dall'Ufficio Storico del Ministero della Difesa - Stato Maggiore dell'Esercito; la mia divulgazione ha il solo scopo di proporre alla vostra attenzione alcuni spunti di riflessione di quella che fu la Campagna di Russia per noi italiani, anche dal punto di vista logistico; la mia divulgazione non ha lo scopo di sostituire il testo originale, ma al contrario è un invito all’acquisto, se rintracciabile, per approfondire i temi trattati e conoscere a fondo anche questo aspetto della nostra storia. Buona lettura!
I TRASFERIMENTI DALL’ITALIA.
“[…] invece come zona per lo sbarco ferroviario del Corpo di Spedizione, veniva stabilita quella di Marmaros Sziget-Felsoviso-Leordina-Borsa, ad Occidente dei Carpazi, in Ungheria, chi sarebbe stata raggiunta seguendo l'itinerario ferroviario: Brennero - Salisburgo - Vienna - Presburgo - Budapest - Miskolz - Csop - Taraczkoz. Era previsto un movimento di quattordici treni giornalieri iniziando alle zero del 4 luglio dal Brennero. […] Le unità, a seconda dei loro arrivi, venivano instradate per via ordinaria verso la Romania. Però, mutata la situazione operativa in Bessarabia, fu possibile spostare ad oriente le teste di scarico ferroviario, dirottando i convogli di truppe ed i materiali nella zona romena di Falticeni-Suceava-Botosani (Bucovina meridionale), già prevista come zona di radunata del CSIR.
Essa distava da quello ungherese, dove avevano avuto inizio gli scarichi dei primi treni, circa 300 chilometri di strada montana non a doppio transito, culminante al Passo Prislop a 1.414 metri di quota. […] La rapida avanzata verso oriente dell'unità italiane, costantemente pressate tanto dai comandi germanici affinché serrassero sotto, quanto dai propri organi di governo perché partecipassero attivamente alla guerra che sembrava avviata ad una rapida conclusione vittoriosa, rese necessaria la costituzione anche di una terza base, a Belzy, in Bessarabia, ormai distante 440 chilometri da Marmaros Sziget. Vi fu provveduto con l'invio diretto dall'Italia dei treni, ai quali veniva fatto seguire un terzo diverso itinerario”. […]
Abolita la base originaria di Marmaros Sziget, i convogli ferroviari provenienti dall'Italia giungevano ormai direttamente alle basi di Suceava e Belzy. Da entrambe, per mezzo di autotrasporti, le dotazioni che si rivelavano necessarie venivano trasportate presso basi temporanee, dove avveniva il rifornimento delle unità: Pervomajsk, Saksagan, Dniepropetrovsk, Petropavlovka, Stalino, in corrispondenza delle fasi operative orientate sul Bug, sul Dnieper e sul margine occidentale del bacino minerario del Donez”.
“Stato Maggiore dell'Esercito, I servizi logistici delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), pagg. 24-28”.
I testi che seguono sono un estratto de "I servizi logistici delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943)" edito dall'Ufficio Storico del Ministero della Difesa - Stato Maggiore dell'Esercito; la mia divulgazione ha il solo scopo di proporre alla vostra attenzione alcuni spunti di riflessione di quella che fu la Campagna di Russia per noi italiani, anche dal punto di vista logistico; la mia divulgazione non ha lo scopo di sostituire il testo originale, ma al contrario è un invito all’acquisto, se rintracciabile, per approfondire i temi trattati e conoscere a fondo anche questo aspetto della nostra storia. Buona lettura!
I TRASFERIMENTI DALL’ITALIA.
“[…] invece come zona per lo sbarco ferroviario del Corpo di Spedizione, veniva stabilita quella di Marmaros Sziget-Felsoviso-Leordina-Borsa, ad Occidente dei Carpazi, in Ungheria, chi sarebbe stata raggiunta seguendo l'itinerario ferroviario: Brennero - Salisburgo - Vienna - Presburgo - Budapest - Miskolz - Csop - Taraczkoz. Era previsto un movimento di quattordici treni giornalieri iniziando alle zero del 4 luglio dal Brennero. […] Le unità, a seconda dei loro arrivi, venivano instradate per via ordinaria verso la Romania. Però, mutata la situazione operativa in Bessarabia, fu possibile spostare ad oriente le teste di scarico ferroviario, dirottando i convogli di truppe ed i materiali nella zona romena di Falticeni-Suceava-Botosani (Bucovina meridionale), già prevista come zona di radunata del CSIR.
Essa distava da quello ungherese, dove avevano avuto inizio gli scarichi dei primi treni, circa 300 chilometri di strada montana non a doppio transito, culminante al Passo Prislop a 1.414 metri di quota. […] La rapida avanzata verso oriente dell'unità italiane, costantemente pressate tanto dai comandi germanici affinché serrassero sotto, quanto dai propri organi di governo perché partecipassero attivamente alla guerra che sembrava avviata ad una rapida conclusione vittoriosa, rese necessaria la costituzione anche di una terza base, a Belzy, in Bessarabia, ormai distante 440 chilometri da Marmaros Sziget. Vi fu provveduto con l'invio diretto dall'Italia dei treni, ai quali veniva fatto seguire un terzo diverso itinerario”. […]
Abolita la base originaria di Marmaros Sziget, i convogli ferroviari provenienti dall'Italia giungevano ormai direttamente alle basi di Suceava e Belzy. Da entrambe, per mezzo di autotrasporti, le dotazioni che si rivelavano necessarie venivano trasportate presso basi temporanee, dove avveniva il rifornimento delle unità: Pervomajsk, Saksagan, Dniepropetrovsk, Petropavlovka, Stalino, in corrispondenza delle fasi operative orientate sul Bug, sul Dnieper e sul margine occidentale del bacino minerario del Donez”.
“Stato Maggiore dell'Esercito, I servizi logistici delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), pagg. 24-28”.
Libri: "LETTERE DALLA STEPPA"
Ho conosciuto Simone qualche mese fa quando ricevetti una sua email, nella quale mi chiedeva il permesso di pubblicare sul suo libro una delle mie fotografie, scattate in Russia durante i miei sei viaggi dal 2011 al 2020. Come sempre accordai il permesso. Sono passate settimane da quella prima email ed ecco la sua opera che ho il piacere di farvi conoscere. Sono sincero... non ho ancora letto il suo libro, ma ve lo consiglio fortemente, fosse anche solo per un motivo (so che ce ne sono sicuramente molti altri, ma questo almeno per me li vale tutti). Simone ha solo 25 anni e per me che ho qualche anno in più di lui, è sempre una sorpresa e anche un'emozione, vedere che un ragazzo di queste ultime generazioni, prende "carta e penna" e racconta una storia di Russia, una storia così vicino alla sua famiglia. Anche e solo per questo il suo libro merita di essere letto.
Simone Girardi, Lettere dalla steppa: storia di coloro che non tornarono. La Campagna di Russia (1941-1943) nelle memorie degli italiani sul fronte del Don, Milano, Biblion edizioni, 2024.
Prefazione: Ch. ma Prof. ssa Maria Teresa Giusti, Università “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara.
Autore: Simone Girardi (Milano, 1999), laureatosi presso il Dipartimento di Studi Storici e specializzando in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano, con questo testo è stato proclamato vincitore dell’edizione 2023 del premio “Riconoscenza alla solidarietà e al sacrificio degli Alpini”, a cura dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA) e del Consiglio Regionale della Lombardia. Dal 2023 è socio di ANCFARGL e fa parte della redazione di Giano Public History APS.
Una lettera dal fronte ritrovata ottant’anni dopo tra i ricordi di famiglia, rappresenta - oggi - l’unica traccia che la storia ha lasciato di Deglause Legnani, caporal maggiore alpino infermiere della divisione «Cuneense», cugino del nonno dell’autore, mai più tornato dalle gelide steppe del fronte russo. Da questa testimonianza familiare, ha origine la volontà di comprendere cosa rappresentò la campagna italiana di Russia per i “vinti”, i “non-colti”, coloro che Nuto Revelli - nella sua opera La strada del davai - definirà i «senza storia». Parafrasando la storica Natalie Zamon Davis, non si è inteso scrivere «su grandi personaggi, sulle regine e sui re»; si è cercato di dare voce agli «altri», a storie di «coloro che non tornarono».
Perché 229.000 soldati italiani furono inviati sul fronte orientale, nelle ostili terre del Doneckij bassejn, meglio conosciuto come Donbass; in quegli stessi luoghi oggi al centro delle più drammatiche cronache di guerra internazionali? Cosa dovettero affrontare quei giovani contadini e operai, partiti per la steppa inconsapevoli delle vicende che la storia avrebbe loro riservato?
Il volume - senza alcuna pretesa di completezza - vuole trattare i drammatici fatti d’arme delle 229.000 «gavette di ghiaccio» impegnate sul fronte orientale, richiamando l’attenzione sul ruolo della corrispondenza militare giunta dal territorio di guerra e, precipuamente, della bibliografia sorta nel dopoguerra, tanto unita negli intenti storico-memorialistici, quanto diversificata nelle operazioni letterarie.
La prima parte è dedicata al racconto storico della spedizione armata italiana, inquadrata nel mito mussoliniano della «guerra parallela». Con un approccio compilativo, non privo degli spunti critici e storiograficamente riconosciuti dei principali storici contemporanei italiani e stranieri - su tutti, Aldo Giannuli, Thomas Schlemmer, Maria Teresa Giusti -, il primo Capitolo principia dal consolidamento dell’alleanza tra i regimi dell’Asse, proseguendo con la spedizione in terra russa di CSIR e ARMIR. L’analisi storica degli eventi bellici, susseguitisi tra l’estate 1941 e l’inverno 1942/43, culmina nel racconto della tragica ritirata italiana, e nelle drammaticamente note battaglie nella steppa, tra il Kalitva, il Don, le località di Nowo Postojalowka, Nikolajewka e Valujki; laddove si elevarono al grado di “eroiche” - nella definizione di Aldo Rasero - le tre divisioni alpine «Julia», «Tridentina», «Cuneense».
Nella seconda parte - nucleo dello scritto - si è inteso indagare le forme della comunicazione storica rappresentate - nell’ideale percorso tra “Storia” e “Memoria” tracciato - da un metaforico “binario” tripartito costituito da: le «opere letterarie dei reduci scrittori», tre Alpini d’Italia, Giulio Bedeschi, Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli, rispettivamente con Centomila gavette di ghiaccio, Il sergente nella neve, La strada del davai; le «relazioni eseguite dai vertici militari», di cui si è voluto declinare a case study l’opera del generale Giovanni Messe La guerra al fronte russo; le «lettere dal fronte», le missive dei soldati italiani i cui nomi sono spesso celati in sineddochi storiche. Secondo l’interpretazione offerta, in questi tre distinti segmenti risiede la genesi della critica volta dallo storico tedesco Thomas Schlemmer - nella sua opera Invasori non vittime - alla «politica italiana della memoria», accusata di aver trasmesso l’immagine dell’italiano come “vittima” della guerra, e non come “invasore”. In sintonia con quest’ultimo tema, si è ampiamente considerata - nelle Conclusioni del saggio - l’opera dello storico italiano Filippo Focardi Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della Seconda guerra mondiale.
Affiancando, ai magistrali lavori degli storici Antonio Gibelli, Gabriella Gribaudi, Lucio Ceva, l’omogeneo coro delle testimonianze alpine raccolte nelle opere di Revelli e Rigoni Stern, particolare attenzione è stata posta al “comune sentire” dei soldati italiani al fronte, le cui lettere - non prive dei rigidi canoni censori del regime fascista - rappresentano oggi - di frequente - l’unico ricordo rimasto alle famiglie di quei 95.000 soldati italiani Caduti e Dispersi.
Il terzo Capitolo, infine, vuole essere dedicato all’alpino Deglause Legnani, caporal maggiore infermiere del 615° ospedale da campo, 2° reggimento alpini, divisione «Cuneense»; ferrarese di nascita, orfano della Grande Guerra ’15-’18, emigrato in terra ligure, soldato veterano dei fronti alpino occidentale e greco-albanese, per il quale - oggi - una lettera datata «6 aprile 1941» diviene ultimo ricordo per la famiglia dell’autore. Attraverso un percorso di ricerca intrapreso tra il 2019 e il 2022, grazie alla fondamentale collaborazione di autorevoli istituzioni tra cui l’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia (UNIRR), il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, gli Archivi di Stato di Bologna e Savona, le istituzioni comunali competenti, e l’Associazione di Collaborazione Militare Commemorativa di Mosca, in Russia, è stato possibile ricostruire la vita civile e militare dell’alpino, figurante tra i “Dispersi”, - scrisse Revelli - «l’eredità più crudele di ogni guerra»; italiani dei quali oggi - come si legge nella cripta del Tempio “Madonna del Conforto” di Cargnacco - «CI RESTA IL NOME».
Simone Girardi, Lettere dalla steppa: storia di coloro che non tornarono. La Campagna di Russia (1941-1943) nelle memorie degli italiani sul fronte del Don, Milano, Biblion edizioni, 2024.
Prefazione: Ch. ma Prof. ssa Maria Teresa Giusti, Università “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara.
Autore: Simone Girardi (Milano, 1999), laureatosi presso il Dipartimento di Studi Storici e specializzando in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano, con questo testo è stato proclamato vincitore dell’edizione 2023 del premio “Riconoscenza alla solidarietà e al sacrificio degli Alpini”, a cura dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA) e del Consiglio Regionale della Lombardia. Dal 2023 è socio di ANCFARGL e fa parte della redazione di Giano Public History APS.
Una lettera dal fronte ritrovata ottant’anni dopo tra i ricordi di famiglia, rappresenta - oggi - l’unica traccia che la storia ha lasciato di Deglause Legnani, caporal maggiore alpino infermiere della divisione «Cuneense», cugino del nonno dell’autore, mai più tornato dalle gelide steppe del fronte russo. Da questa testimonianza familiare, ha origine la volontà di comprendere cosa rappresentò la campagna italiana di Russia per i “vinti”, i “non-colti”, coloro che Nuto Revelli - nella sua opera La strada del davai - definirà i «senza storia». Parafrasando la storica Natalie Zamon Davis, non si è inteso scrivere «su grandi personaggi, sulle regine e sui re»; si è cercato di dare voce agli «altri», a storie di «coloro che non tornarono».
Perché 229.000 soldati italiani furono inviati sul fronte orientale, nelle ostili terre del Doneckij bassejn, meglio conosciuto come Donbass; in quegli stessi luoghi oggi al centro delle più drammatiche cronache di guerra internazionali? Cosa dovettero affrontare quei giovani contadini e operai, partiti per la steppa inconsapevoli delle vicende che la storia avrebbe loro riservato?
Il volume - senza alcuna pretesa di completezza - vuole trattare i drammatici fatti d’arme delle 229.000 «gavette di ghiaccio» impegnate sul fronte orientale, richiamando l’attenzione sul ruolo della corrispondenza militare giunta dal territorio di guerra e, precipuamente, della bibliografia sorta nel dopoguerra, tanto unita negli intenti storico-memorialistici, quanto diversificata nelle operazioni letterarie.
La prima parte è dedicata al racconto storico della spedizione armata italiana, inquadrata nel mito mussoliniano della «guerra parallela». Con un approccio compilativo, non privo degli spunti critici e storiograficamente riconosciuti dei principali storici contemporanei italiani e stranieri - su tutti, Aldo Giannuli, Thomas Schlemmer, Maria Teresa Giusti -, il primo Capitolo principia dal consolidamento dell’alleanza tra i regimi dell’Asse, proseguendo con la spedizione in terra russa di CSIR e ARMIR. L’analisi storica degli eventi bellici, susseguitisi tra l’estate 1941 e l’inverno 1942/43, culmina nel racconto della tragica ritirata italiana, e nelle drammaticamente note battaglie nella steppa, tra il Kalitva, il Don, le località di Nowo Postojalowka, Nikolajewka e Valujki; laddove si elevarono al grado di “eroiche” - nella definizione di Aldo Rasero - le tre divisioni alpine «Julia», «Tridentina», «Cuneense».
Nella seconda parte - nucleo dello scritto - si è inteso indagare le forme della comunicazione storica rappresentate - nell’ideale percorso tra “Storia” e “Memoria” tracciato - da un metaforico “binario” tripartito costituito da: le «opere letterarie dei reduci scrittori», tre Alpini d’Italia, Giulio Bedeschi, Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli, rispettivamente con Centomila gavette di ghiaccio, Il sergente nella neve, La strada del davai; le «relazioni eseguite dai vertici militari», di cui si è voluto declinare a case study l’opera del generale Giovanni Messe La guerra al fronte russo; le «lettere dal fronte», le missive dei soldati italiani i cui nomi sono spesso celati in sineddochi storiche. Secondo l’interpretazione offerta, in questi tre distinti segmenti risiede la genesi della critica volta dallo storico tedesco Thomas Schlemmer - nella sua opera Invasori non vittime - alla «politica italiana della memoria», accusata di aver trasmesso l’immagine dell’italiano come “vittima” della guerra, e non come “invasore”. In sintonia con quest’ultimo tema, si è ampiamente considerata - nelle Conclusioni del saggio - l’opera dello storico italiano Filippo Focardi Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della Seconda guerra mondiale.
Affiancando, ai magistrali lavori degli storici Antonio Gibelli, Gabriella Gribaudi, Lucio Ceva, l’omogeneo coro delle testimonianze alpine raccolte nelle opere di Revelli e Rigoni Stern, particolare attenzione è stata posta al “comune sentire” dei soldati italiani al fronte, le cui lettere - non prive dei rigidi canoni censori del regime fascista - rappresentano oggi - di frequente - l’unico ricordo rimasto alle famiglie di quei 95.000 soldati italiani Caduti e Dispersi.
Il terzo Capitolo, infine, vuole essere dedicato all’alpino Deglause Legnani, caporal maggiore infermiere del 615° ospedale da campo, 2° reggimento alpini, divisione «Cuneense»; ferrarese di nascita, orfano della Grande Guerra ’15-’18, emigrato in terra ligure, soldato veterano dei fronti alpino occidentale e greco-albanese, per il quale - oggi - una lettera datata «6 aprile 1941» diviene ultimo ricordo per la famiglia dell’autore. Attraverso un percorso di ricerca intrapreso tra il 2019 e il 2022, grazie alla fondamentale collaborazione di autorevoli istituzioni tra cui l’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia (UNIRR), il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, gli Archivi di Stato di Bologna e Savona, le istituzioni comunali competenti, e l’Associazione di Collaborazione Militare Commemorativa di Mosca, in Russia, è stato possibile ricostruire la vita civile e militare dell’alpino, figurante tra i “Dispersi”, - scrisse Revelli - «l’eredità più crudele di ogni guerra»; italiani dei quali oggi - come si legge nella cripta del Tempio “Madonna del Conforto” di Cargnacco - «CI RESTA IL NOME».
sabato 21 dicembre 2024
Natale ad Arbuzowka
"... La battaglia di Arbuzovka ebbe luogo il 21-25 dicembre 1942 durante la Seconda guerra mondiale sul fronte orientale, nella conca di Arbuzovka. Fu una delle fasi più drammatiche e sanguinose della seconda battaglia difensiva del Don ...".
Siamo abituati a ricordare il ripiegamento del Corpo d'Armata Alpino e le battaglie di Nikolajewka e di Nowo Postojalowka, ma circa un mese prima e proprio in questi giorni si verificò il ripiegamento delle Divisioni di fanteria e ad Arbuzovka si consumò la battaglia che si può considerare come la più sanguinosa per numero di caduti, feriti, dispersi e prigionieri di tutta la Campagna di Russia.
Per Giorgio Scotoni nel libro "L'Armata Rossa e la disfatta italiana (1942-1943)" le cifre sono le seguenti: su circa 25.000 italiani e 1.500 tedeschi presenti inizialmente nella conca di Arbuzovka, ben 20.440 uomini furono i morti, i feriti e i prigionieri.
Ma come comprendere cosa accadde in quelle ore ad Arbuzovka? Lasciamo la parola ad uno dei testimoni che riuscì ad uscire dalla sacca: "I feriti, con le membra spezzate e mutilate, venivano trascinati via e affidati ai medici che, senza attrezzatura e con scarsissimi materiali, iniziarono, su questa banchina glaciale, un prodigioso impegno che sarebbe andato avanti fino alla notte del 24 dicembre e che alcuni di loro avrebbero proseguito in prigionia, restando a fianco dei loro sventurati pazienti. Tutti i feriti, da quella sera, iniziarono un vero calvario. I più fortunati furono stivati in fredde isbe. La maggior parte rimase all’addiaccio. Venivano addossati alle pareti esterne delle case o ai pagliai, avvolti in coperte. Molti sarebbero morti assiderati…".
Siamo abituati a ricordare il ripiegamento del Corpo d'Armata Alpino e le battaglie di Nikolajewka e di Nowo Postojalowka, ma circa un mese prima e proprio in questi giorni si verificò il ripiegamento delle Divisioni di fanteria e ad Arbuzovka si consumò la battaglia che si può considerare come la più sanguinosa per numero di caduti, feriti, dispersi e prigionieri di tutta la Campagna di Russia.
Per Giorgio Scotoni nel libro "L'Armata Rossa e la disfatta italiana (1942-1943)" le cifre sono le seguenti: su circa 25.000 italiani e 1.500 tedeschi presenti inizialmente nella conca di Arbuzovka, ben 20.440 uomini furono i morti, i feriti e i prigionieri.
Ma come comprendere cosa accadde in quelle ore ad Arbuzovka? Lasciamo la parola ad uno dei testimoni che riuscì ad uscire dalla sacca: "I feriti, con le membra spezzate e mutilate, venivano trascinati via e affidati ai medici che, senza attrezzatura e con scarsissimi materiali, iniziarono, su questa banchina glaciale, un prodigioso impegno che sarebbe andato avanti fino alla notte del 24 dicembre e che alcuni di loro avrebbero proseguito in prigionia, restando a fianco dei loro sventurati pazienti. Tutti i feriti, da quella sera, iniziarono un vero calvario. I più fortunati furono stivati in fredde isbe. La maggior parte rimase all’addiaccio. Venivano addossati alle pareti esterne delle case o ai pagliai, avvolti in coperte. Molti sarebbero morti assiderati…".
venerdì 20 dicembre 2024
Libri: "LA RAZIONE DI FERRO"
Appena arrivato il libro "La razione di ferro" di Rocco Rocco.
Questo volume non è soltanto un'opera narrativa, che viene ad aggiungersi alle molte pubblicazioni sulla tragica odissea dell'ARMIR in Russia, è, anzitutto, una preziosa ed esatta, importante documentazione delle vicende del gruppo "Val Piave" e dell'alpino sul fronte russo. L'Autore, uno dei più coscienziosi ufficiali medici del 3° Artiglieria Alpina della Divisione "Julia", per il comportamento in guerra fu decorato al valor militare sul campo. Ha potuto ricostruire con vera scrupolosa esattezza i fatti, e con fedeltà di date, grazie ad un'agendina dove egli aveva fissato gli episodi del duro dramma della "Julia", registrandovi anche molti nomi di feriti, di caduti e di dispersi, che altrimenti sarebbero stati cancellati dalla memoria.
Questo volume non è soltanto un'opera narrativa, che viene ad aggiungersi alle molte pubblicazioni sulla tragica odissea dell'ARMIR in Russia, è, anzitutto, una preziosa ed esatta, importante documentazione delle vicende del gruppo "Val Piave" e dell'alpino sul fronte russo. L'Autore, uno dei più coscienziosi ufficiali medici del 3° Artiglieria Alpina della Divisione "Julia", per il comportamento in guerra fu decorato al valor militare sul campo. Ha potuto ricostruire con vera scrupolosa esattezza i fatti, e con fedeltà di date, grazie ad un'agendina dove egli aveva fissato gli episodi del duro dramma della "Julia", registrandovi anche molti nomi di feriti, di caduti e di dispersi, che altrimenti sarebbero stati cancellati dalla memoria.
giovedì 19 dicembre 2024
Prossimi appuntamenti 2025
Se avete piacere ad ascoltare dal vivo la storia dei nostri soldati durante la Campagna di Russia e qualche aneddoto dei miei viaggi, vi aspetto ad uno dei prossimi appuntamenti; seguiranno sulla pagina tutti i dettagli.
10 gennaio ad Origgio (VA)
17 gennaio a Cuneo
25 gennaio a Parma
8 febbraio a San Pellegrino Terme (BG)
14 marzo a Cernobbio (CO)
28 marzo a Clusone (BG)
10 gennaio ad Origgio (VA)
17 gennaio a Cuneo
25 gennaio a Parma
8 febbraio a San Pellegrino Terme (BG)
14 marzo a Cernobbio (CO)
28 marzo a Clusone (BG)
lunedì 16 dicembre 2024
Il viaggio del 2013, da Nikitowka a Nikolajewka
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 26 gennaio - 8a tappa Km.17,0: da Nikitowka a Nikolajewka. Partenza per la nostra ultima tappa, in lontananza il villaggio di Arnautowo.
domenica 15 dicembre 2024
MOVM - De Michiel Vincenzo
Le Medaglie d'Oro al Valor Militare della Campagna di Russia, Sottotenente DE MICHIEL Vincenzo, 90° Reggimento Fanteria, Divisione Cosseria.
Motivazione: "Comandante di un plotone fucilieri, in un contrattacco della sua compagnia, contro forze soverchianti per numero e per mezzi, si slanciava più volte e con impeto irresistibile all’assalto, alla testa del suo reparto sotto l’infuriare delle mitragliatrici e dei mortai avversari. Dopo più ore di tenace e cruenta lotta, respinto il nemico, lo incalzava con rinnovato impegno oltre la linea delle primitive posizioni e, con movimento aggirante, tentava tagliargli la ritirata. Rimasto con pochi uomini ed assalito violentemente da nuovi folti gruppi di avversari, li affrontava impavido a colpi di bombe a mano, finché sopraffatto dal numero e colpito a morte, cadeva da prode. Esempio di fulgido eroismo, di valore personale e di amor di Patria. - Quota 158 di Deresowka (Fronte russo), 11 settembre 1942".
Motivazione: "Comandante di un plotone fucilieri, in un contrattacco della sua compagnia, contro forze soverchianti per numero e per mezzi, si slanciava più volte e con impeto irresistibile all’assalto, alla testa del suo reparto sotto l’infuriare delle mitragliatrici e dei mortai avversari. Dopo più ore di tenace e cruenta lotta, respinto il nemico, lo incalzava con rinnovato impegno oltre la linea delle primitive posizioni e, con movimento aggirante, tentava tagliargli la ritirata. Rimasto con pochi uomini ed assalito violentemente da nuovi folti gruppi di avversari, li affrontava impavido a colpi di bombe a mano, finché sopraffatto dal numero e colpito a morte, cadeva da prode. Esempio di fulgido eroismo, di valore personale e di amor di Patria. - Quota 158 di Deresowka (Fronte russo), 11 settembre 1942".
MOVM - Amarena Giovanni
Le Medaglie d'Oro al Valor Militare della Campagna di Russia, Sottotenente AMARENA Giovanni, 90° Reggimento Fanteria, Divisione Cosseria.
Motivazione: "Comandante di caposaldo a difesa di vitale posizione, per sette giorni opponeva fiera, incrollabile resistenza ad un nemico attaccante con forze dieci volte superiori e continuamente rinnovate. Cadute tutte le posizioni circostanti, completamente accerchiato ed isolato, gravemente ferito, continuava a guidare i superstiti nella impari e cruenta lotta fino all’estremo sacrificio della vita. - Quota 192 di Deresowka sul Don (Russia), 11-17 dicembre 1942".
Motivazione: "Comandante di caposaldo a difesa di vitale posizione, per sette giorni opponeva fiera, incrollabile resistenza ad un nemico attaccante con forze dieci volte superiori e continuamente rinnovate. Cadute tutte le posizioni circostanti, completamente accerchiato ed isolato, gravemente ferito, continuava a guidare i superstiti nella impari e cruenta lotta fino all’estremo sacrificio della vita. - Quota 192 di Deresowka sul Don (Russia), 11-17 dicembre 1942".
MOVM - Agosti Guido
Le Medaglie d'Oro al Valor Militare della Campagna di Russia, Tenente Colonnello AGOSTI Guido, 90° Reggimento Fanteria, Divisione Cosseria.
Motivazione: "Comandante di battaglione, veterano valorosissimo di tre guerre, ferito e decorato a medaglia d’argento al valore militare nella grande guerra per mirabile contegno alla testa di una compagnia, preparava, con infiammata passione di sperimentato ufficiale superiore, i suoi fanti per le durissime prove sul fronte russo. Con rara perizia e abnegazione organizzava in ambiente e situazioni di eccezionale difficoltà, la posizione affidatagli a difesa sul Don. Di fronte ad un improvviso attacco di forze nemiche soverchianti, con prontezza si lanciava alla testa della compagnia di rincalzo e, sprezzante dell’intenso fuoco di mitragliatrici e di mortai avversari, la guidava con ardimento e impeto trascinatore che ne moltiplicava le forze, in reiterati contrattacchi alla baionetta e bombe a mano. Nell’ultimo e più violento assalto mentre i suoi fanti guidati dal suo esempio e dalla sua azione animatrice ricacciavano il nemico, egli cadeva mortalmente colpito, fulgido esempio di mirabile consapevole eroismo praticato con ininterrotta passione di soldato per circa sei lustri, chiudendo così la sua vita nobilissima. Esemplare sacrificio di soldato e di comandante. - Quota 158 di Deresowka (Fronte russo), 11 settembre 1942".
Motivazione: "Comandante di battaglione, veterano valorosissimo di tre guerre, ferito e decorato a medaglia d’argento al valore militare nella grande guerra per mirabile contegno alla testa di una compagnia, preparava, con infiammata passione di sperimentato ufficiale superiore, i suoi fanti per le durissime prove sul fronte russo. Con rara perizia e abnegazione organizzava in ambiente e situazioni di eccezionale difficoltà, la posizione affidatagli a difesa sul Don. Di fronte ad un improvviso attacco di forze nemiche soverchianti, con prontezza si lanciava alla testa della compagnia di rincalzo e, sprezzante dell’intenso fuoco di mitragliatrici e di mortai avversari, la guidava con ardimento e impeto trascinatore che ne moltiplicava le forze, in reiterati contrattacchi alla baionetta e bombe a mano. Nell’ultimo e più violento assalto mentre i suoi fanti guidati dal suo esempio e dalla sua azione animatrice ricacciavano il nemico, egli cadeva mortalmente colpito, fulgido esempio di mirabile consapevole eroismo praticato con ininterrotta passione di soldato per circa sei lustri, chiudendo così la sua vita nobilissima. Esemplare sacrificio di soldato e di comandante. - Quota 158 di Deresowka (Fronte russo), 11 settembre 1942".
Italiani nella neve, parte 9
Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.
Nona parte, La campagna di Russia in Tv.
A cavallo tra gli anni ‘60 e ’80, mentre il cinema viveva una fase di grande ridimensionamento, la Rai, fondata nel 1954, iniziò ad imporsi sul piano nazionale come ente leader nell’ambito della divulgazione scientifica, assolvendo al suo compito di televisione di Stato. La Rai, accanto a programmi di successo come Quark (1981), Superquark (1995) e Ulisse – Il piacere della scoperta (2000), ha prodotto, nell’ambito della divulgazione scientifica di tipo storico, dei programmi che hanno letteralmente fatto epoca.
Il primo di essi è Nascita di una dittatura (1972) di Sergio Zavoli che, attraverso il racconto di personalità fasciste e antifasciste, descrive gli anni che precedettero l’avvento del fascismo.
Altro grande protagonista del racconto storico televisivo è Gianni Bisiach. Il giornalista, dopo essere divenuto famoso per la sua striscia quotidiana Un minuto di Storia, in onda al mattino all’interno del TG1, si occupò nel 2004 della realizzazione delle serie La seconda guerra mondiale, che si propose come il primo organico racconto televisivo sul secondo conflitto mondiale.
Nel 1997 Rai Educational, oggi Rai Cultura, diede avvio alla realizzazione de La Storia siamo noi. Il programma, curato e condotto da Giovanni Minoli, con più di 5000 puntate, si è imposto nel panorama italiano come uno dei prodotti televisivi di approfondimento storico di maggiore successo. Dopo aver ottenuto numerosi riconoscimenti di categoria, tra i quali il prestigioso History Makers International, ossia l’Oscar dei produttori televisivi di storia, la serie viene definitivamente cancellata dai palinsesti Rai nel maggio 2013.
In sostituzione de La Storia siamo noi viene varato il nuovo programma di approfondimento storico Il tempo e la storia. Il programma, condotto dal 2014 al 2016 dal giornalista Massimo Bernardini e attualmente dalla storica Michela Ponzani, è caratterizzato da un format innovativo che si propone, attraverso domande rivolte ad uno storico presente in studio, di conciliare l’aspetto culturale e il rigore scientifico con un linguaggio televisivo accessibile a tutti.
Per ciò che concerne il racconto della campagna di Russia, nel periodo compreso tra il 1980 e il 2011 sono stati realizzati nove tra documentari e reportage di cui la stragrande maggioranza prodotta, o quantomeno trasmessa, dalla Rai. Per quanto riguarda il racconto generico dell’avventura militare italiana possiamo ricordare Tragedia sul Don (1983) di Massimo Sani; 1941 – 1943: l’Armata italiana in Russia (1991) di Sandro Alesco; L’ultima marcia (1999) di Francesco Cirafici e Daniela Troncellitti; Battlefield tour. La memoria sopravvissuta - La campagna di Russia. I più non ritornano (2006) di Angelo Rossetti e La disfatta sul Don (2008) di Andrea Broglia.
Tutti questi documentari, fatta eccezione per La disfatta sul Don, sono accomunati da una medesima impostazione della struttura del racconto. Infatti La disfatta sul Don, oltre a esporre la naturale successione degli eventi bellici, si sofferma a derubricare le croniche mancanze dell’equipaggiamento dell’armata italiana e le ripercussioni sul piano politico di questa così grave tragedia.
Un’altra importante parte della ricerca televisiva è stata indirizzata verso il tema della detenzione dei prigionieri italiani durante tutta la seconda guerra mondiale. In tal senso, le opere più rappresentative sono Prigionieri del 1987 e Combat Film – Prigionieri del 1995.
Prigionieri, diretto da Massimo Sani, è un film-inchiesta in tre puntate che racconta l’esperienza di prigionia di circa un milione e trecentomila soldati italiani che furono fatti prigionieri dagli eserciti alleati sui fronti dell’Africa del Nord e Orientale, della Grecia, della Russia e, successivamente all’armistizio dell’8 settembre, anche dai tedeschi. Il film-inchiesta è stato ambientato nell’ex campo di prigionia di Fossoli, vicino Carpi, che per l’occasione venne trasformato in un set dove ospitare i reduci che a viva voce rievocano le loro esperienze. Il regista, oltre a quella di Giorgio Rochat, considerato il massimo studioso della campagna italiana in Russia, si avvale della collaborazione di Nuto Revelli, reduce di Russia e creatore di diversi volumi dedicati alle memorie dei soldati italiani nei campi di prigionia sovietici.
Il programma Prigionieri, ideato da Italo Moscati e Roberto Olla, contenuto nella collezione Combat Film. 1943 - 1945, la guerra in Italia, si propone di rievocare le vicende degli internati militari italiani attraverso i cosiddetti combat film, ossia i filmati realizzati da cineoperatori militari durante i combattimenti. Dopo aver analizzato l’effettiva applicazione della Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929, accordo che regolava il trattamento dei prigionieri di guerra, il documentario procede ad un’attenta indagine circa le diverse realtà detentive (americana, tedesca e russa) in cui furono internati i militari italiani.
Per quanto riguarda i campi di prigionia in Unione Sovietica, essi erano suddivisi in campi numerati e non numerati. Quelli numerati comprendevano i centri di raccolta e di concentramento più importanti situati nella zona di Mosca, degli Urali, del Caucaso, del Kazakhstan e dell'Uzbekistan. In base ai dati in nostro possesso, dal 1939 al 1943, in Unione Sovietica si contavano appena ventiquattro campi di prigionieri di guerra; in seguito alle avanzate dell’Armata Rossa, al conseguente aumento di prigionieri e alle disposizioni ministeriali in merito all’ampliamento della rete concentrazionaria, si raggiunse la cifra di 533 lager. A questi campi di internamento si devono sommare nove lager speciali, definiti obect (obbiettivo), situati «nella regione di Mosca, in Lettonia e nelle regioni di Ivanovo e Chabarovsk». Nessuno di questi lager venne mai visitato da rappresentanti della Croce Rossa internazionale o di altri enti assistenziali. Le notizie su questo microuniverso furono ricavate soltanto attraverso le testimonianze dei superstiti.
Ad onor del vero la macchina concentrazionaria russa già ben rodata durante gli anni del Grande terrore, si ritroverà completamente impreparata circa la gestione di quasi 292.000 uomini divisi tra tedeschi, italiani, ungheresi e rumeni, fatti prigionieri dall’Armata Rossa dopo la seconda battaglia del Don. Questa enorme massa di uomini, che doveva essere trasferita nel più breve tempo possibile nelle retrovie, giunse in condizioni critiche nei lager sovietici. In effetti, come si è potuto evincere dalle testimonianze, la situazione all’interno dei lager non era certo migliore di quella già patita durante i lunghi viaggi di trasferimento. Infatti la scarsezza del vitto, il lavoro massacrante, le proibitive condizioni climatiche, le carenze igienico-sanitarie unite alla più totale negligenza dei comandi sovietici causarono la morte di circa il 59% dei detenuti. La situazione andò leggermente migliorando nell’estate del 1943, quando la leadership sovietica nella persona del ministro degli Interni Lavrentij Berija inviò una direttiva alla scopo di «migliorare le condizioni di vita dei prigionieri e portare a un livello sanitario esemplare gli alloggi e le aree dei lager; migliorare il trattamento il trattamento sanitario si ciascun prigioniero prevedendo una dieta differenziata per i prigionieri malati e debilitati e distribuire a quest’ultimi 750 grammi di pane al giorno e una razione di cibo aumentata del 25% finché non si ristabilisce completamente la loro capacità lavorativa». Ciò nondimeno, sia a causa della poca volontà dei comandanti dei lager sia per i carenti mezzi di cui essi disponevano, queste disposizioni rimanevano inespresse.
Nona parte, La campagna di Russia in Tv.
A cavallo tra gli anni ‘60 e ’80, mentre il cinema viveva una fase di grande ridimensionamento, la Rai, fondata nel 1954, iniziò ad imporsi sul piano nazionale come ente leader nell’ambito della divulgazione scientifica, assolvendo al suo compito di televisione di Stato. La Rai, accanto a programmi di successo come Quark (1981), Superquark (1995) e Ulisse – Il piacere della scoperta (2000), ha prodotto, nell’ambito della divulgazione scientifica di tipo storico, dei programmi che hanno letteralmente fatto epoca.
Il primo di essi è Nascita di una dittatura (1972) di Sergio Zavoli che, attraverso il racconto di personalità fasciste e antifasciste, descrive gli anni che precedettero l’avvento del fascismo.
Altro grande protagonista del racconto storico televisivo è Gianni Bisiach. Il giornalista, dopo essere divenuto famoso per la sua striscia quotidiana Un minuto di Storia, in onda al mattino all’interno del TG1, si occupò nel 2004 della realizzazione delle serie La seconda guerra mondiale, che si propose come il primo organico racconto televisivo sul secondo conflitto mondiale.
Nel 1997 Rai Educational, oggi Rai Cultura, diede avvio alla realizzazione de La Storia siamo noi. Il programma, curato e condotto da Giovanni Minoli, con più di 5000 puntate, si è imposto nel panorama italiano come uno dei prodotti televisivi di approfondimento storico di maggiore successo. Dopo aver ottenuto numerosi riconoscimenti di categoria, tra i quali il prestigioso History Makers International, ossia l’Oscar dei produttori televisivi di storia, la serie viene definitivamente cancellata dai palinsesti Rai nel maggio 2013.
In sostituzione de La Storia siamo noi viene varato il nuovo programma di approfondimento storico Il tempo e la storia. Il programma, condotto dal 2014 al 2016 dal giornalista Massimo Bernardini e attualmente dalla storica Michela Ponzani, è caratterizzato da un format innovativo che si propone, attraverso domande rivolte ad uno storico presente in studio, di conciliare l’aspetto culturale e il rigore scientifico con un linguaggio televisivo accessibile a tutti.
Per ciò che concerne il racconto della campagna di Russia, nel periodo compreso tra il 1980 e il 2011 sono stati realizzati nove tra documentari e reportage di cui la stragrande maggioranza prodotta, o quantomeno trasmessa, dalla Rai. Per quanto riguarda il racconto generico dell’avventura militare italiana possiamo ricordare Tragedia sul Don (1983) di Massimo Sani; 1941 – 1943: l’Armata italiana in Russia (1991) di Sandro Alesco; L’ultima marcia (1999) di Francesco Cirafici e Daniela Troncellitti; Battlefield tour. La memoria sopravvissuta - La campagna di Russia. I più non ritornano (2006) di Angelo Rossetti e La disfatta sul Don (2008) di Andrea Broglia.
Tutti questi documentari, fatta eccezione per La disfatta sul Don, sono accomunati da una medesima impostazione della struttura del racconto. Infatti La disfatta sul Don, oltre a esporre la naturale successione degli eventi bellici, si sofferma a derubricare le croniche mancanze dell’equipaggiamento dell’armata italiana e le ripercussioni sul piano politico di questa così grave tragedia.
Un’altra importante parte della ricerca televisiva è stata indirizzata verso il tema della detenzione dei prigionieri italiani durante tutta la seconda guerra mondiale. In tal senso, le opere più rappresentative sono Prigionieri del 1987 e Combat Film – Prigionieri del 1995.
Prigionieri, diretto da Massimo Sani, è un film-inchiesta in tre puntate che racconta l’esperienza di prigionia di circa un milione e trecentomila soldati italiani che furono fatti prigionieri dagli eserciti alleati sui fronti dell’Africa del Nord e Orientale, della Grecia, della Russia e, successivamente all’armistizio dell’8 settembre, anche dai tedeschi. Il film-inchiesta è stato ambientato nell’ex campo di prigionia di Fossoli, vicino Carpi, che per l’occasione venne trasformato in un set dove ospitare i reduci che a viva voce rievocano le loro esperienze. Il regista, oltre a quella di Giorgio Rochat, considerato il massimo studioso della campagna italiana in Russia, si avvale della collaborazione di Nuto Revelli, reduce di Russia e creatore di diversi volumi dedicati alle memorie dei soldati italiani nei campi di prigionia sovietici.
Il programma Prigionieri, ideato da Italo Moscati e Roberto Olla, contenuto nella collezione Combat Film. 1943 - 1945, la guerra in Italia, si propone di rievocare le vicende degli internati militari italiani attraverso i cosiddetti combat film, ossia i filmati realizzati da cineoperatori militari durante i combattimenti. Dopo aver analizzato l’effettiva applicazione della Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929, accordo che regolava il trattamento dei prigionieri di guerra, il documentario procede ad un’attenta indagine circa le diverse realtà detentive (americana, tedesca e russa) in cui furono internati i militari italiani.
Per quanto riguarda i campi di prigionia in Unione Sovietica, essi erano suddivisi in campi numerati e non numerati. Quelli numerati comprendevano i centri di raccolta e di concentramento più importanti situati nella zona di Mosca, degli Urali, del Caucaso, del Kazakhstan e dell'Uzbekistan. In base ai dati in nostro possesso, dal 1939 al 1943, in Unione Sovietica si contavano appena ventiquattro campi di prigionieri di guerra; in seguito alle avanzate dell’Armata Rossa, al conseguente aumento di prigionieri e alle disposizioni ministeriali in merito all’ampliamento della rete concentrazionaria, si raggiunse la cifra di 533 lager. A questi campi di internamento si devono sommare nove lager speciali, definiti obect (obbiettivo), situati «nella regione di Mosca, in Lettonia e nelle regioni di Ivanovo e Chabarovsk». Nessuno di questi lager venne mai visitato da rappresentanti della Croce Rossa internazionale o di altri enti assistenziali. Le notizie su questo microuniverso furono ricavate soltanto attraverso le testimonianze dei superstiti.
Ad onor del vero la macchina concentrazionaria russa già ben rodata durante gli anni del Grande terrore, si ritroverà completamente impreparata circa la gestione di quasi 292.000 uomini divisi tra tedeschi, italiani, ungheresi e rumeni, fatti prigionieri dall’Armata Rossa dopo la seconda battaglia del Don. Questa enorme massa di uomini, che doveva essere trasferita nel più breve tempo possibile nelle retrovie, giunse in condizioni critiche nei lager sovietici. In effetti, come si è potuto evincere dalle testimonianze, la situazione all’interno dei lager non era certo migliore di quella già patita durante i lunghi viaggi di trasferimento. Infatti la scarsezza del vitto, il lavoro massacrante, le proibitive condizioni climatiche, le carenze igienico-sanitarie unite alla più totale negligenza dei comandi sovietici causarono la morte di circa il 59% dei detenuti. La situazione andò leggermente migliorando nell’estate del 1943, quando la leadership sovietica nella persona del ministro degli Interni Lavrentij Berija inviò una direttiva alla scopo di «migliorare le condizioni di vita dei prigionieri e portare a un livello sanitario esemplare gli alloggi e le aree dei lager; migliorare il trattamento il trattamento sanitario si ciascun prigioniero prevedendo una dieta differenziata per i prigionieri malati e debilitati e distribuire a quest’ultimi 750 grammi di pane al giorno e una razione di cibo aumentata del 25% finché non si ristabilisce completamente la loro capacità lavorativa». Ciò nondimeno, sia a causa della poca volontà dei comandanti dei lager sia per i carenti mezzi di cui essi disponevano, queste disposizioni rimanevano inespresse.
sabato 14 dicembre 2024
2° C. d'A. - Div. Cosseria - 90° R.F.
Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.
MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.
2° CORPO D'ARMATA - DIVISIONE COSSERIA - 90° REGGIMENTO FANTERIA.
MOVM Tenente Colonnello AGOSTI Guido alla memoria
MOVM Sottotenente AMARENA Giovanni alla memoria
MOVM Sottotenente DE MICHIEL Vincenzo alla memoria
MAVM Tenente Colonnello LA PENNA Giacomo
MAVM Maggiore LA MESA Emanuele alla memoria
MAVM Maggiore LA MESA Emanuele
MAVM Maggiore MILLINO Teresio
MAVM Capitano ASQUASCIATI Luigi
MAVM Capitano BERARDINELLI Giacinto alla memoria
MAVM Capitano BIANCHI Evanzio alla memoria
MAVM Capitano BRUNO Felice alla memoria
MAVM Capitano PIOTTI Alessandro
MAVM Capitano RAFFAELLI Dario
MAVM Capitano UGHETTO Enrico
MAVM Tenente CHIEREGO Giorgio
MAVM Tenente CORONA Marcello
MAVM Tenente LA MANNA Cesare
MAVM Tenente PALMI Antonio
MAVM Tenente PAOLELLA Fernando
MAVM Tenente RUSSO Giuseppe
MAVM Sottotenente BENEDETTI Goffredo
MAVM Sottotenente BERCHIATTI Aldo
MAVM Sottotenente BOTASSIS Giovanni
MAVM Sottotenente BRILLA Michele
MAVM Sottotenente BUDA Nunziato
MAVM Sottotenente CAPANO Carlo alla memoria
MAVM Sottotenente FRONCILLO Ruggero alla memoria
MAVM Sottotenente GAFFARELLI Tommaso
MAVM Sottotenente LAVARELLO G.Battista
MAVM Sottotenente MAZZONE Francesco
MAVM Sottotenente MESSERE Marcello
MAVM Sottotenente PASTORE Ettore
MAVM Sottotenente ROCCHI Alberto alla memoria
MAVM Sottotenente ZAULI Goffredo
MAVM aiutante di battaglia MORELLI Bruno
MAVM sergente maggiore ARDONE Antonio
MAVM sergente maggiore D'AGOSTINO Camine
MAVM sergente maggiore PALMIERI Manlio
MAVM sergente MAGRINI Gino
MAVM sergente TORNAGHI Silvio
MAVM caporal maggiore SPRODI Umberto
MAVM caporale BERTOLOTTI Attilio
MAVM caporale CAMISCIA Nicola
MAVM caporale KOSMAC Cirillo
MAVM caporale MAZZAMUTO Francesco
MAVM soldato AMBROGIO Carmelo alla memoria
MAVM soldato BERGAMASCO Aldo
MAVM soldato CANETTI Oreste alla memoria
MAVM soldato CASTELLI Luigi
MAVM soldato CASTOLDI Egidio alla memoria
MAVM soldato DOVERI Serafino
MAVM soldato FRIZZI Tito
MAVM soldato FURLANI Aldo alla memoria
MAVM soldato GENTOSO Francesco
MAVM soldato MAZZA Francesco
MAVM soldato RAGGI Manfredo
MAVM soldato VITALI Orazio alla memoria
MBVM Maggiore PICCIONE Cosimo
MBVM Capitano AIRENTI Antonino alla memoria
MBVM Capitano CICINNATO Ettore
MBVM Capitano ROSSI Enrico
MBVM Tenente ANTIFORA Giovanni
MBVM Tenente CALUZZI Ettore
MBVM Tenente MINUTO Paolo
MBVM Tenente VIOLA Guido
MBVM Sottotenente BIANCHINI Ernesto
MBVM Sottotenente BRUNO Vincenzo
MBVM Sottotenente PAGLIERINI Sergio
MBVM Sottotenente ROCCUZZO Paolo
MBVM sergente CHIESA Francesco
MBVM sergente PECOLATTO Maggiorino
MBVM caporal maggiore CASSINARI Mario
MBVM caporal maggiore CUCCIA Giacomo
MBVM caporal maggiore LOMBARDI Angelo
MBVM caporal maggiore MANDULLO Vitaliano alla memoria
MBVM caporal maggiore ROSSONI Giuseppe
MBVM caporal maggiore ROTA Arosio
MBVM caporal maggiore VOLPATTI Aldo alla memoria
MBVM caporale BETTONCELLI Francesco
MBVM soldato CARAMIA Pasquale
MBVM soldato CRISPONI Giuseppe alla memoria
MBVM soldato GARIBALDI GIULIO
MBVM soldato LENA Francesco
MBVM soldato RAGNO Onofrio alla memoria
MBVM soldato TOTARO Cosimo
MBVM soldato VIGNA Alberto alla memoria
CGVM Tenente CHIEREGO Giorgio
CGVM Sottotenente BORIAMI Isidoro
CGVM Sottotenente DEVIA Angelo
CGVM sergente maggiore AZZOLI Antonio
CGVM sergente maggiore PORCU Bruno
CGVM sergente BRESCIANI Ezio
CGVM sergente CAPROTTI Attilio
CGVM sergente CASTAGNOLI Ezio
CGVM sergente CATUCCI Vita
CGVM sergente FORNACIARI Renato
CGVM sergente ZECCHINI Enrico alla memoria
CGVM caporal maggiore MANNOZZI Giovacchino
CGVM caporale SANNA Antonio alla memoria
CGVM soldato ARTESANI Cesare
CGVM soldato CERBONI Alberto alla memoria
CGVM soldato FRANCESCHINI Arturo alla memoria
CGVM soldato INGRASSIA Vito
CGVM soldato MARCHIGNONI Daniele
CGVM soldato MATTA Angelo
CGVM soldato ORECCHIONI Antonio
CGVM soldato VITARI Giuseppe
CGVM soldato ZUNINO Leandro
MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.
2° CORPO D'ARMATA - DIVISIONE COSSERIA - 90° REGGIMENTO FANTERIA.
MOVM Tenente Colonnello AGOSTI Guido alla memoria
MOVM Sottotenente AMARENA Giovanni alla memoria
MOVM Sottotenente DE MICHIEL Vincenzo alla memoria
MAVM Tenente Colonnello LA PENNA Giacomo
MAVM Maggiore LA MESA Emanuele alla memoria
MAVM Maggiore LA MESA Emanuele
MAVM Maggiore MILLINO Teresio
MAVM Capitano ASQUASCIATI Luigi
MAVM Capitano BERARDINELLI Giacinto alla memoria
MAVM Capitano BIANCHI Evanzio alla memoria
MAVM Capitano BRUNO Felice alla memoria
MAVM Capitano PIOTTI Alessandro
MAVM Capitano RAFFAELLI Dario
MAVM Capitano UGHETTO Enrico
MAVM Tenente CHIEREGO Giorgio
MAVM Tenente CORONA Marcello
MAVM Tenente LA MANNA Cesare
MAVM Tenente PALMI Antonio
MAVM Tenente PAOLELLA Fernando
MAVM Tenente RUSSO Giuseppe
MAVM Sottotenente BENEDETTI Goffredo
MAVM Sottotenente BERCHIATTI Aldo
MAVM Sottotenente BOTASSIS Giovanni
MAVM Sottotenente BRILLA Michele
MAVM Sottotenente BUDA Nunziato
MAVM Sottotenente CAPANO Carlo alla memoria
MAVM Sottotenente FRONCILLO Ruggero alla memoria
MAVM Sottotenente GAFFARELLI Tommaso
MAVM Sottotenente LAVARELLO G.Battista
MAVM Sottotenente MAZZONE Francesco
MAVM Sottotenente MESSERE Marcello
MAVM Sottotenente PASTORE Ettore
MAVM Sottotenente ROCCHI Alberto alla memoria
MAVM Sottotenente ZAULI Goffredo
MAVM aiutante di battaglia MORELLI Bruno
MAVM sergente maggiore ARDONE Antonio
MAVM sergente maggiore D'AGOSTINO Camine
MAVM sergente maggiore PALMIERI Manlio
MAVM sergente MAGRINI Gino
MAVM sergente TORNAGHI Silvio
MAVM caporal maggiore SPRODI Umberto
MAVM caporale BERTOLOTTI Attilio
MAVM caporale CAMISCIA Nicola
MAVM caporale KOSMAC Cirillo
MAVM caporale MAZZAMUTO Francesco
MAVM soldato AMBROGIO Carmelo alla memoria
MAVM soldato BERGAMASCO Aldo
MAVM soldato CANETTI Oreste alla memoria
MAVM soldato CASTELLI Luigi
MAVM soldato CASTOLDI Egidio alla memoria
MAVM soldato DOVERI Serafino
MAVM soldato FRIZZI Tito
MAVM soldato FURLANI Aldo alla memoria
MAVM soldato GENTOSO Francesco
MAVM soldato MAZZA Francesco
MAVM soldato RAGGI Manfredo
MAVM soldato VITALI Orazio alla memoria
MBVM Maggiore PICCIONE Cosimo
MBVM Capitano AIRENTI Antonino alla memoria
MBVM Capitano CICINNATO Ettore
MBVM Capitano ROSSI Enrico
MBVM Tenente ANTIFORA Giovanni
MBVM Tenente CALUZZI Ettore
MBVM Tenente MINUTO Paolo
MBVM Tenente VIOLA Guido
MBVM Sottotenente BIANCHINI Ernesto
MBVM Sottotenente BRUNO Vincenzo
MBVM Sottotenente PAGLIERINI Sergio
MBVM Sottotenente ROCCUZZO Paolo
MBVM sergente CHIESA Francesco
MBVM sergente PECOLATTO Maggiorino
MBVM caporal maggiore CASSINARI Mario
MBVM caporal maggiore CUCCIA Giacomo
MBVM caporal maggiore LOMBARDI Angelo
MBVM caporal maggiore MANDULLO Vitaliano alla memoria
MBVM caporal maggiore ROSSONI Giuseppe
MBVM caporal maggiore ROTA Arosio
MBVM caporal maggiore VOLPATTI Aldo alla memoria
MBVM caporale BETTONCELLI Francesco
MBVM soldato CARAMIA Pasquale
MBVM soldato CRISPONI Giuseppe alla memoria
MBVM soldato GARIBALDI GIULIO
MBVM soldato LENA Francesco
MBVM soldato RAGNO Onofrio alla memoria
MBVM soldato TOTARO Cosimo
MBVM soldato VIGNA Alberto alla memoria
CGVM Tenente CHIEREGO Giorgio
CGVM Sottotenente BORIAMI Isidoro
CGVM Sottotenente DEVIA Angelo
CGVM sergente maggiore AZZOLI Antonio
CGVM sergente maggiore PORCU Bruno
CGVM sergente BRESCIANI Ezio
CGVM sergente CAPROTTI Attilio
CGVM sergente CASTAGNOLI Ezio
CGVM sergente CATUCCI Vita
CGVM sergente FORNACIARI Renato
CGVM sergente ZECCHINI Enrico alla memoria
CGVM caporal maggiore MANNOZZI Giovacchino
CGVM caporale SANNA Antonio alla memoria
CGVM soldato ARTESANI Cesare
CGVM soldato CERBONI Alberto alla memoria
CGVM soldato FRANCESCHINI Arturo alla memoria
CGVM soldato INGRASSIA Vito
CGVM soldato MARCHIGNONI Daniele
CGVM soldato MATTA Angelo
CGVM soldato ORECCHIONI Antonio
CGVM soldato VITARI Giuseppe
CGVM soldato ZUNINO Leandro
Il viaggio del 2013, da Romachowa a Nikitowka
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Venerdì 25 gennaio - 7a tappa Km.15,0: da Romachowa a Nikitowka. Tramonto a Nikitowka; si conclude così la nostra penultima tappa.
martedì 10 dicembre 2024
Italiani nella neve, parte 8
Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.
Ottava parte, L'era dei cinegiornali.
Nel 1924, su iniziativa dell’avvocato e giornalista Luciano De Feo, era stato costituito il Sindacato istruzione cinematografica (SIC), con l’intenzione di produrre film educativi per un’Italia fortemente analfabeta. Nel settembre dello stesso anno, sottoponendo l’idea a Mussolini, De Feo vide aumentare il capitale sociale della SIC a due milioni e mezzo di lire, grazie al sostegno di vari enti statali. Mussolini stesso, che ne aveva compreso le potenzialità come strumento di propaganda, suggerì di ribattezzare la società L.U.C.E. (L’Unione cinematografica Educativa), prima di trasformarla con il r.d.l. nr. 1985 del 5 novembre 1925 in ente statale con il nome di Istituto Nazionale Luce.
Nel 1926, una legge rese obbligatoria in tutti i cinema italiani le proiezioni di parate militari, eventi sportivi e, dal 1927, dei cinegiornali. Nel 1937 l’Istituto Luce cessa di dipendere direttamente dal Capo del Governo per passare sotto il controllo del Ministero della Cultura Popolare. Mussolini, grazie alla sua esperienza giornalistica e politica e alle sue innate doti oratorie, seppe sfruttare al meglio le enormi potenzialità che il mezzo cinematografico offriva, arrivando a costruire il mito di se stesso.
Il primo cinegiornale venne proiettato nel 1927 e, in quel primo anno, ne furono realizzati quarantaquattro. Negli anni del regime, in tutto, ne furono prodotti più di 3000, ai quali si devono aggiungere i cinquantacinque Giornali Luce realizzati durante il breve periodo della Repubblica di Salò. Per quanto riguarda la campagna di Russia, l’Istituto Luce arrivò a produrre la considerevole cifra di quarantatré Giornali Luce. Il taglio con cui viene raccontata la campagna di Russia è uguale allo stile utilizzato per la descrizione di tutti gli altri teatri di guerra. I soldati italiani vengono sempre presentati come uomini che, nonostante le difficoltà, con spirito di abnegazione e continui atti di eroismo, riescono ad avanzare e sconfiggere il nemico. Particolare attenzione viene riservata alle visite delle personalità del regime al fronte, come quella del Duce insieme a Hitler nell’agosto 1941 o quelle del Capo di Stato Maggiore della Milizia Enzo Emilio Galbiati e del Segretario del Partito Fascista Aldo Vidussoni, entrambe nel novembre 1942.
Eppure, a partire dalla metà degli anni ’30, il monopolio dell’Istituto Luce venne insidiato da una piccola casa di produzione milanese, la INCOM. Fondata dal giornalista Sandro Pallavicini, la società Industria cortometraggi Milano, nome completo della INCOM, specializzandosi nella produzione di filmati propagandistici, cercò di fare concorrenza all’Istituto Luce.
Dopo la realizzazione di documentari e reportage di guerra tra i quali, per la parte relativa alla Russia, ricordiamo Officine volanti (1941) di Pietro Benedetti, Treno ospedale 34 (1941), Dietro la trincea (1942) e Quando il cannone tace (1942) di Vittorio Carpignano, la INCOM «s’impegnò nell’immediato dopoguerra, oltre che in laboratori per il doppiaggio, soprattutto nella produzione di un cinegiornale, La Settimana Incom, che rappresentò una delle fonti più popolari di informazione e attualità d’Italia». La Settimana Incom, con il sostegno da parte dello Stato, riuscì a sbaragliare la concorrenza e diede spazio «agli interrogativi di quegli anni sull’identità nazionale, agli emergenti bisogni della ricostruzione, nonché alle incipienti prospettive di riscatto progresso».
All’interno di una vastissima produzione, circa 2500 puntate, troviamo quattro cinegiornali che raccontano un aspetto della campagna di Russia, ossia il rientro in patria di alcuni prigionieri italiani in Unione Sovietica. Infatti gli operatori de La Settimana Incom, in un arco di tempo compreso tra il 1950 e il 1955, filmano i precisi attimi in cui i nostri soldati, dopo le fatiche della guerra e le sofferenze dei campi di prigionia, possono finalmente riabbracciare l’Italia e i loro cari.
In tal senso risulta particolarmente emblematica la vicenda vissuta da Enzo Boletti e documentata dagli operatori de La Settimana Incom. Il sottotenente Boletti della divisone Tridentina, dopo aver combattuto in Jugoslavia, fu fatto prigioniero dai tedeschi all’indomani dell’8 settembre 1943. Deportato in Polonia, riuscì a scappare e ad unirsi alla resistenza polacca conseguendo il grado di tenente colonnello. Nell’aprile 1945, complice l’avanzata dell’Armata Rossa, Boletti viene catturato e trasferito a Mosca, nel carcere della Lubjanka, in quanto considerato come “elemento sospetto”. Trasferito in diversi campi di prigionia, Boletti trascorse quasi dieci anni in Russia facendo ritorno in Italia soltanto nel 1954.
Le dolorose traversie patite dal Boletti ci consentono di fare una piccola ma utile puntualizzazione. Al termine del conflitto, oltre ai soldati del CSIR e dell’Armir, in Russia esistevano altre due categorie di detenuti: gli ex IMI (Internati militari italiani) e il personale diplomatico della Repubblica Sociale italiana di Romania e Bulgaria. I dati di queste diverse categorie furono spesso accavallati dai sovietici rendendo in tal modo difficoltoso il lavoro di censimento delle autorità italiane. La maggior parte di questi uomini farà ritorno in Italia nella prima metà degli anni ’50, a seguito di lunghe e complesse trattative diplomatiche.
Il periodo d’oro della INCOM durò fino ai primi anni ’60 quando, complice l’affermazione del fenomeno televisivo, la società iniziò un inesorabile declino che dapprima la costrinse a sospendere la produzione de La Settimana Incom nel 1965 e successivamente alla vendita del marchio INCOM e dei suoi archivi all’Istituto Luce - Cinecittà nel 1967. Alla fine degli anni ’90 lo stesso Istituto Luce - Cinecittà inizia l’archiviazione e la digitalizzazione degli archivi Luce, Incom e di altre diverse collezioni cinematografiche e fotografiche. Successivamente nel luglio 2012 l’Istituto Luce - Cinecittà ha stretto una partnership con Google Italia per proporre i 30.000 video dei suoi archivi sulla piattaforma web YouTube.
Ottava parte, L'era dei cinegiornali.
Nel 1924, su iniziativa dell’avvocato e giornalista Luciano De Feo, era stato costituito il Sindacato istruzione cinematografica (SIC), con l’intenzione di produrre film educativi per un’Italia fortemente analfabeta. Nel settembre dello stesso anno, sottoponendo l’idea a Mussolini, De Feo vide aumentare il capitale sociale della SIC a due milioni e mezzo di lire, grazie al sostegno di vari enti statali. Mussolini stesso, che ne aveva compreso le potenzialità come strumento di propaganda, suggerì di ribattezzare la società L.U.C.E. (L’Unione cinematografica Educativa), prima di trasformarla con il r.d.l. nr. 1985 del 5 novembre 1925 in ente statale con il nome di Istituto Nazionale Luce.
Nel 1926, una legge rese obbligatoria in tutti i cinema italiani le proiezioni di parate militari, eventi sportivi e, dal 1927, dei cinegiornali. Nel 1937 l’Istituto Luce cessa di dipendere direttamente dal Capo del Governo per passare sotto il controllo del Ministero della Cultura Popolare. Mussolini, grazie alla sua esperienza giornalistica e politica e alle sue innate doti oratorie, seppe sfruttare al meglio le enormi potenzialità che il mezzo cinematografico offriva, arrivando a costruire il mito di se stesso.
Il primo cinegiornale venne proiettato nel 1927 e, in quel primo anno, ne furono realizzati quarantaquattro. Negli anni del regime, in tutto, ne furono prodotti più di 3000, ai quali si devono aggiungere i cinquantacinque Giornali Luce realizzati durante il breve periodo della Repubblica di Salò. Per quanto riguarda la campagna di Russia, l’Istituto Luce arrivò a produrre la considerevole cifra di quarantatré Giornali Luce. Il taglio con cui viene raccontata la campagna di Russia è uguale allo stile utilizzato per la descrizione di tutti gli altri teatri di guerra. I soldati italiani vengono sempre presentati come uomini che, nonostante le difficoltà, con spirito di abnegazione e continui atti di eroismo, riescono ad avanzare e sconfiggere il nemico. Particolare attenzione viene riservata alle visite delle personalità del regime al fronte, come quella del Duce insieme a Hitler nell’agosto 1941 o quelle del Capo di Stato Maggiore della Milizia Enzo Emilio Galbiati e del Segretario del Partito Fascista Aldo Vidussoni, entrambe nel novembre 1942.
Eppure, a partire dalla metà degli anni ’30, il monopolio dell’Istituto Luce venne insidiato da una piccola casa di produzione milanese, la INCOM. Fondata dal giornalista Sandro Pallavicini, la società Industria cortometraggi Milano, nome completo della INCOM, specializzandosi nella produzione di filmati propagandistici, cercò di fare concorrenza all’Istituto Luce.
Dopo la realizzazione di documentari e reportage di guerra tra i quali, per la parte relativa alla Russia, ricordiamo Officine volanti (1941) di Pietro Benedetti, Treno ospedale 34 (1941), Dietro la trincea (1942) e Quando il cannone tace (1942) di Vittorio Carpignano, la INCOM «s’impegnò nell’immediato dopoguerra, oltre che in laboratori per il doppiaggio, soprattutto nella produzione di un cinegiornale, La Settimana Incom, che rappresentò una delle fonti più popolari di informazione e attualità d’Italia». La Settimana Incom, con il sostegno da parte dello Stato, riuscì a sbaragliare la concorrenza e diede spazio «agli interrogativi di quegli anni sull’identità nazionale, agli emergenti bisogni della ricostruzione, nonché alle incipienti prospettive di riscatto progresso».
All’interno di una vastissima produzione, circa 2500 puntate, troviamo quattro cinegiornali che raccontano un aspetto della campagna di Russia, ossia il rientro in patria di alcuni prigionieri italiani in Unione Sovietica. Infatti gli operatori de La Settimana Incom, in un arco di tempo compreso tra il 1950 e il 1955, filmano i precisi attimi in cui i nostri soldati, dopo le fatiche della guerra e le sofferenze dei campi di prigionia, possono finalmente riabbracciare l’Italia e i loro cari.
In tal senso risulta particolarmente emblematica la vicenda vissuta da Enzo Boletti e documentata dagli operatori de La Settimana Incom. Il sottotenente Boletti della divisone Tridentina, dopo aver combattuto in Jugoslavia, fu fatto prigioniero dai tedeschi all’indomani dell’8 settembre 1943. Deportato in Polonia, riuscì a scappare e ad unirsi alla resistenza polacca conseguendo il grado di tenente colonnello. Nell’aprile 1945, complice l’avanzata dell’Armata Rossa, Boletti viene catturato e trasferito a Mosca, nel carcere della Lubjanka, in quanto considerato come “elemento sospetto”. Trasferito in diversi campi di prigionia, Boletti trascorse quasi dieci anni in Russia facendo ritorno in Italia soltanto nel 1954.
Le dolorose traversie patite dal Boletti ci consentono di fare una piccola ma utile puntualizzazione. Al termine del conflitto, oltre ai soldati del CSIR e dell’Armir, in Russia esistevano altre due categorie di detenuti: gli ex IMI (Internati militari italiani) e il personale diplomatico della Repubblica Sociale italiana di Romania e Bulgaria. I dati di queste diverse categorie furono spesso accavallati dai sovietici rendendo in tal modo difficoltoso il lavoro di censimento delle autorità italiane. La maggior parte di questi uomini farà ritorno in Italia nella prima metà degli anni ’50, a seguito di lunghe e complesse trattative diplomatiche.
Il periodo d’oro della INCOM durò fino ai primi anni ’60 quando, complice l’affermazione del fenomeno televisivo, la società iniziò un inesorabile declino che dapprima la costrinse a sospendere la produzione de La Settimana Incom nel 1965 e successivamente alla vendita del marchio INCOM e dei suoi archivi all’Istituto Luce - Cinecittà nel 1967. Alla fine degli anni ’90 lo stesso Istituto Luce - Cinecittà inizia l’archiviazione e la digitalizzazione degli archivi Luce, Incom e di altre diverse collezioni cinematografiche e fotografiche. Successivamente nel luglio 2012 l’Istituto Luce - Cinecittà ha stretto una partnership con Google Italia per proporre i 30.000 video dei suoi archivi sulla piattaforma web YouTube.
2° C. d'A. - Div. Cosseria - 89° R.F.
Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.
MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.
2° CORPO D'ARMATA - DIVISIONE COSSERIA - 89° REGGIMENTO FANTERIA.
MAVM Colonnello MAGGIO Paolo alla memoria
MAVM Maggiore GUERRIERO Enrico alla memoria
MAVM Capitano CASSANELLO Giuseppe
MAVM Capitano EMANUEL Alfredo
MAVM Capitano FIORENZI Cherubino
MAVM Tenente BONETTO Paolo alla memoria
MAVM Tenente LISTUZZI Ferruccio
MAVM Tenente MELIS SEMINO Tullio alla memoria
MAVM Tenente RAIMONDO Agostino
MAVM Sottotenente CONTI Franco alla memoria
MAVM Sottotenente GALLETTI Carlo alla memoria
MAVM Sottotenente GERMANO Pietro
MAVM Sottotenente STEFANILE Edoardo
MAVM caporale CAREDDU Antonio
MAVM caporale LUCARELLA Giovanni
MAVM caporale ROSSI Olinto
MAVM soldato CANTERUCCIO Giuseppe
MAVM soldato PIROMALLO Giuseppe
MAVM soldato PRECE Antonio
MBVM Maggiore SANTILLI Silvio
MBVM Capitano CARIONI Ugo
MBVM Capitano CORSI Cleto
MBVM Capitano EMANUEL Alfredo
MBVM Tenente BIANCO Luigi
MBVM Tenente BOLA Dante
MBVM Tenente medico CASTELLANO Romualdo
MBVM Tenente CASTELLETTI NICORA L.
MBVM Tenente LONGO Giuseppe
MBVM Tenente MELIS SEMINO Tullio
MBVM Tenente VECCHI Franco
MBVM Tenente VIRANDO Alfredo
MBVM Sottotenente CURATOLA Michele
MBVM Sottotenente FACCHIN Massimo
MBVM Sottotenente PIAZZA Angelo
MBVM Sottotenente VEGLIO Renato
MBVM sergente DAL BIANCO Armando
MBVM sergente PALMERO Andrea
MBVM sergente SALUSTRI Quinto
MBVM sergente UCCELLI Otello
MBVM caporal maggiore SERBORARIA Rinaldo alla memoria
MBVM caporale ALLEGRETTI Gracco
MBVM caporale GALBUSERA Beniamino
MBVM caporale TAGLIAFERRI Ernesto
MBVM soldato ALBERO Antonio alla memoria
MBVM soldato BANCHERO Orazio
MBVM soldato BELLIA Angelo
MBVM soldato BENICA' Aldo
MBVM soldato BOSCHETTO Gino
MBVM soldato CASSETTA Battista
MBVM soldato CINI Nello
MBVM soldato DATTERI Francesco
MBVM soldato LOTTERO Aldo
MBVM soldato POIRE' Amedeo
MBVM soldato RAFFO Cesare
MBVM soldato RUBINO Carmine
MBVM soldato VIRGILIO Stefano
CGVM Maggiore BALOCCO Giuseppe
CGVM Capitano AICARDI Stefano
CGVM Capitano FEBRARO Chiarino
CGVM Tenente CATANZARO Catello
CGVM Tenente FUSCO Gerardino
CGVM Tenente MELE Argiro
CGVM Tenente MOTTI Lucio
CGVM Tenente MURGO Michele
CGVM Tenente PASTORINO Giorgio
CGVM Tenente SALVALAI Francesco
CGVM Tenente TEOT Attilio
CGVM Sottotenente CAMBIAGGIO Pierino
CGVM Sottotenente CARUSI Nicola
CGVM Sottotenente DAL LAGO Mario
CGVM Sottotenente SENTINELLI Ovidio
CGVM Sottotenente SPINA Giulio
CGVM maresciallo DI CERBO Michele
CGVM maresciallo ROMAGNANO Remigio
CGVM sergente BRENNA Santo
CGVM sergente CACCIABUE Giuseppe
CGVM sergente COCCOLO Angelo
CGVM sergente CORETTI Salvatore
CGVM sergente PEZZOTTA Mario
CGVM sergente RAVAZZI Pasquale
CGVM sergente SIMEONI Agostino
CGVM caporal maggiore MARIANI Bruno
CGVM caporale GALLETTI Giuseppe
CGVM caporale GUGLIRLMI Ernesto
CGVM caporale PACCHINI Guglielmo
CGVM caporale SAITTA Cosimo
CGVM soldato AIELLO Gaetano
CGVM soldato ALIOTTA Carlo
CGVM soldato ARTIGLIA Luigi
CGVM soldato AULICINO Pasquale
CGVM soldato BRIGNONE Salvatore
CGVM soldato CANTU' Giovanni
CGVM soldato CASSISSA Giov.Batt.
CGVM soldato MAINENTE Gaetano
CGVM soldato MAMMOLITI Pasquale
CGVM soldato MINEO Salvatore
CGVM soldato MONTERASTELLI Antonio
CGVM soldato OTTONE Marcello
CGVM soldato PAMPANINI Aldo
CGVM soldato PEREZ Zopito
CGVM soldato PERLI Angelo
CGVM soldato PESENTI Virginio
CGVM soldato REBORA Emanuele
CGVM soldato REPETTO Giuseppe
CGVM soldato STASSI Antonino
CGVM soldato TOFFAOLO Giovanni
CGVM soldato TOGNINI Antonio
CGVM soldato UCCELLATORE Calogero
MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.
2° CORPO D'ARMATA - DIVISIONE COSSERIA - 89° REGGIMENTO FANTERIA.
MAVM Colonnello MAGGIO Paolo alla memoria
MAVM Maggiore GUERRIERO Enrico alla memoria
MAVM Capitano CASSANELLO Giuseppe
MAVM Capitano EMANUEL Alfredo
MAVM Capitano FIORENZI Cherubino
MAVM Tenente BONETTO Paolo alla memoria
MAVM Tenente LISTUZZI Ferruccio
MAVM Tenente MELIS SEMINO Tullio alla memoria
MAVM Tenente RAIMONDO Agostino
MAVM Sottotenente CONTI Franco alla memoria
MAVM Sottotenente GALLETTI Carlo alla memoria
MAVM Sottotenente GERMANO Pietro
MAVM Sottotenente STEFANILE Edoardo
MAVM caporale CAREDDU Antonio
MAVM caporale LUCARELLA Giovanni
MAVM caporale ROSSI Olinto
MAVM soldato CANTERUCCIO Giuseppe
MAVM soldato PIROMALLO Giuseppe
MAVM soldato PRECE Antonio
MBVM Maggiore SANTILLI Silvio
MBVM Capitano CARIONI Ugo
MBVM Capitano CORSI Cleto
MBVM Capitano EMANUEL Alfredo
MBVM Tenente BIANCO Luigi
MBVM Tenente BOLA Dante
MBVM Tenente medico CASTELLANO Romualdo
MBVM Tenente CASTELLETTI NICORA L.
MBVM Tenente LONGO Giuseppe
MBVM Tenente MELIS SEMINO Tullio
MBVM Tenente VECCHI Franco
MBVM Tenente VIRANDO Alfredo
MBVM Sottotenente CURATOLA Michele
MBVM Sottotenente FACCHIN Massimo
MBVM Sottotenente PIAZZA Angelo
MBVM Sottotenente VEGLIO Renato
MBVM sergente DAL BIANCO Armando
MBVM sergente PALMERO Andrea
MBVM sergente SALUSTRI Quinto
MBVM sergente UCCELLI Otello
MBVM caporal maggiore SERBORARIA Rinaldo alla memoria
MBVM caporale ALLEGRETTI Gracco
MBVM caporale GALBUSERA Beniamino
MBVM caporale TAGLIAFERRI Ernesto
MBVM soldato ALBERO Antonio alla memoria
MBVM soldato BANCHERO Orazio
MBVM soldato BELLIA Angelo
MBVM soldato BENICA' Aldo
MBVM soldato BOSCHETTO Gino
MBVM soldato CASSETTA Battista
MBVM soldato CINI Nello
MBVM soldato DATTERI Francesco
MBVM soldato LOTTERO Aldo
MBVM soldato POIRE' Amedeo
MBVM soldato RAFFO Cesare
MBVM soldato RUBINO Carmine
MBVM soldato VIRGILIO Stefano
CGVM Maggiore BALOCCO Giuseppe
CGVM Capitano AICARDI Stefano
CGVM Capitano FEBRARO Chiarino
CGVM Tenente CATANZARO Catello
CGVM Tenente FUSCO Gerardino
CGVM Tenente MELE Argiro
CGVM Tenente MOTTI Lucio
CGVM Tenente MURGO Michele
CGVM Tenente PASTORINO Giorgio
CGVM Tenente SALVALAI Francesco
CGVM Tenente TEOT Attilio
CGVM Sottotenente CAMBIAGGIO Pierino
CGVM Sottotenente CARUSI Nicola
CGVM Sottotenente DAL LAGO Mario
CGVM Sottotenente SENTINELLI Ovidio
CGVM Sottotenente SPINA Giulio
CGVM maresciallo DI CERBO Michele
CGVM maresciallo ROMAGNANO Remigio
CGVM sergente BRENNA Santo
CGVM sergente CACCIABUE Giuseppe
CGVM sergente COCCOLO Angelo
CGVM sergente CORETTI Salvatore
CGVM sergente PEZZOTTA Mario
CGVM sergente RAVAZZI Pasquale
CGVM sergente SIMEONI Agostino
CGVM caporal maggiore MARIANI Bruno
CGVM caporale GALLETTI Giuseppe
CGVM caporale GUGLIRLMI Ernesto
CGVM caporale PACCHINI Guglielmo
CGVM caporale SAITTA Cosimo
CGVM soldato AIELLO Gaetano
CGVM soldato ALIOTTA Carlo
CGVM soldato ARTIGLIA Luigi
CGVM soldato AULICINO Pasquale
CGVM soldato BRIGNONE Salvatore
CGVM soldato CANTU' Giovanni
CGVM soldato CASSISSA Giov.Batt.
CGVM soldato MAINENTE Gaetano
CGVM soldato MAMMOLITI Pasquale
CGVM soldato MINEO Salvatore
CGVM soldato MONTERASTELLI Antonio
CGVM soldato OTTONE Marcello
CGVM soldato PAMPANINI Aldo
CGVM soldato PEREZ Zopito
CGVM soldato PERLI Angelo
CGVM soldato PESENTI Virginio
CGVM soldato REBORA Emanuele
CGVM soldato REPETTO Giuseppe
CGVM soldato STASSI Antonino
CGVM soldato TOFFAOLO Giovanni
CGVM soldato TOGNINI Antonio
CGVM soldato UCCELLATORE Calogero
Le fotografie di Mario Bagnasco, 50
Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".
"Vicino al Donetz, nostri aerei ritornano, agosto 1942".
"Vicino al Donetz, nostri aerei ritornano, agosto 1942".
Il viaggio del 2013, da Romachowa a Nikitowka
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Venerdì 25 gennaio - 7a tappa Km.15,0: da Romachowa a Nikitowka. Arrivo a Nikitowka... il giorno dopo sarebbe stata Nikolajewka per la prima volta nella mia vita, almeno raggiunta così!
Le marce del davai
Ma realmente cosa accadde durante le tristemente famose "marce del davai"? Lo lascio raccontare ad un "protagonista" d'eccezione, suo malgrado. Ecco la testimonianza di Giuseppe Bassi, uno degli ultimi reduci di Russia in vita, dal suo libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici - 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov - Oranki - Suzdal - Vladimir - Odessa - S.Valentino”.
“Eravamo una turba di soldati esausti e demoralizzati, provati dalle sofferenze di una marcia tormentata dal freddo, da cinque giorni di fame, dal sonno e dai continui combattimenti marciavamo sotto la sferza del grido tragico: “Davai, davi, bistreij!” cioè: “Avanti, avanti, presto!”, gridato in continuazione dai soldati russi. Mentre la neve continuava a cadere, stormi di lugubri corvi svolazzavano gracchiando sopra le nostre teste. La lunga colonna, come una serpe umana si snodava sulla neve lasciando ai bordi della pista, rigidi corpi stremati dalla fatica; ogni tanto alle nostre spalle sentivamo i colpi che partivano dai moschetti delle sentinelle russe che “risparmiavano” le sofferenze della prigionia a tanti nostri soldati incapaci di proseguire. Fiocchi di neve avrebbero coperto quei corpi che presto sarebbero stati irrigiditi dal gelo. Uno sguardo impotente verso gli uccisi e di odio verso i carnefici, ci dava la forza e l'energia per proseguire nella marcia crudele. A volte il grido straziante di “Pausa, pausa…” risaliva come una valanga per giungere come invocazione ai soldati russi che in testa, facevano il passo. Se la pausa veniva concessa, ci si accovacciata a terra, approfittando della sosta per mangiare qualche manciata di neve. Era questo il nostro cibo e la nostra bevanda. Al grido di “Davai” qualcuno restava a terra, vinto dalla fatica e allora bisognava svegliarlo con la forza, altrimenti sarebbe stato una delle tante vittime della morte bianca. Alle nostre continue richieste su quanti chilometri ci fossero ancora da percorrere, le sentinelle rispondevano sempre: “Dsvai” (due) e la marcia, implacabile, continuava in mezzo ad una bufera di neve che ci investiva nel pieno della notte. Il vento sollevava dalla steppa una neve ghiacciata, sottile e gelida che ci tagliuzzava il viso e, come spilli, ci penetrava nella carne; molti morirono assiderati in quell'interminabile notte. Il freddo polare e la tormenta di neve rendevano inumana ed insostenibile la marcia notturna nella steppa. Nelle condizioni fisiche e morali in cui ci trovavamo, solo Iddio poteva salvarci da quest’inferno e la nostra volontà di vivere per poter testimoniare e raccontare ciò che ci stava succedendo, senza immaginare che il nostro calvario era appena cominciato. Il Rosario dei chilometri continuava con i morti ai bordi della pista che indicavano il cammino percorso dalle colonne che ci avevano preceduto […]”.
“Eravamo una turba di soldati esausti e demoralizzati, provati dalle sofferenze di una marcia tormentata dal freddo, da cinque giorni di fame, dal sonno e dai continui combattimenti marciavamo sotto la sferza del grido tragico: “Davai, davi, bistreij!” cioè: “Avanti, avanti, presto!”, gridato in continuazione dai soldati russi. Mentre la neve continuava a cadere, stormi di lugubri corvi svolazzavano gracchiando sopra le nostre teste. La lunga colonna, come una serpe umana si snodava sulla neve lasciando ai bordi della pista, rigidi corpi stremati dalla fatica; ogni tanto alle nostre spalle sentivamo i colpi che partivano dai moschetti delle sentinelle russe che “risparmiavano” le sofferenze della prigionia a tanti nostri soldati incapaci di proseguire. Fiocchi di neve avrebbero coperto quei corpi che presto sarebbero stati irrigiditi dal gelo. Uno sguardo impotente verso gli uccisi e di odio verso i carnefici, ci dava la forza e l'energia per proseguire nella marcia crudele. A volte il grido straziante di “Pausa, pausa…” risaliva come una valanga per giungere come invocazione ai soldati russi che in testa, facevano il passo. Se la pausa veniva concessa, ci si accovacciata a terra, approfittando della sosta per mangiare qualche manciata di neve. Era questo il nostro cibo e la nostra bevanda. Al grido di “Davai” qualcuno restava a terra, vinto dalla fatica e allora bisognava svegliarlo con la forza, altrimenti sarebbe stato una delle tante vittime della morte bianca. Alle nostre continue richieste su quanti chilometri ci fossero ancora da percorrere, le sentinelle rispondevano sempre: “Dsvai” (due) e la marcia, implacabile, continuava in mezzo ad una bufera di neve che ci investiva nel pieno della notte. Il vento sollevava dalla steppa una neve ghiacciata, sottile e gelida che ci tagliuzzava il viso e, come spilli, ci penetrava nella carne; molti morirono assiderati in quell'interminabile notte. Il freddo polare e la tormenta di neve rendevano inumana ed insostenibile la marcia notturna nella steppa. Nelle condizioni fisiche e morali in cui ci trovavamo, solo Iddio poteva salvarci da quest’inferno e la nostra volontà di vivere per poter testimoniare e raccontare ciò che ci stava succedendo, senza immaginare che il nostro calvario era appena cominciato. Il Rosario dei chilometri continuava con i morti ai bordi della pista che indicavano il cammino percorso dalle colonne che ci avevano preceduto […]”.
sabato 7 dicembre 2024
Onori a Gianfranco Dalla Fior
Sottotenente Gianfranco Dalla Fior, nato a Trento il 25.12.1921, morto ad Oranki (Russia) il 20.02.1943.
"A Giuseppe Bassi, compagno d'armi del mio Caro Gianfranco che condivise con Lui le sofferenze della più dura prigionia, perché sempre lo ricordi, con affetto sincero, la sua mamma".
Dal bellissimo libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici - 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov - Oranki - Suzdal - Vladimir - Odessa - S.Valentino” di Giuseppe Bassi... poche righe che spiegano ancora oggi lo strazio di tante mamme che aspettarono e sperarono...
"A Giuseppe Bassi, compagno d'armi del mio Caro Gianfranco che condivise con Lui le sofferenze della più dura prigionia, perché sempre lo ricordi, con affetto sincero, la sua mamma".
Dal bellissimo libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici - 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov - Oranki - Suzdal - Vladimir - Odessa - S.Valentino” di Giuseppe Bassi... poche righe che spiegano ancora oggi lo strazio di tante mamme che aspettarono e sperarono...
In memoria di chi non è più tornato
In memoria di quei soldati italiani che a migliaia non tornarono mai più a casa... dal bellissimo libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici - 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov - Oranki - Suzdal - Vladimir - Odessa - S.Valentino” di Giuseppe Bassi.
giovedì 28 novembre 2024
Il viaggio del 2013, da Romachowa a Nikitowka
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Venerdì 25 gennaio - 7a tappa Km.15,0: da Romachowa a Nikitowka. Nella steppa ma in vista di Nikitowka.
Le fotografie di Carlo Mezzena, 05
Le fotografie di Carlo Mezzena, Sottotenente della 31ª Batteria del Gruppo Bergamo, Divisione Alpina Tridentina. Ogni fotografia è stata recuperata dalla precedente pubblicazione dell'intero album e trattata con l'intelligenza artificiale per renderla più nitida e dettagliata.
"La fine di una locomotiva".
"La fine di una locomotiva".
Le fotografie di Carlo Mezzena, 04
Le fotografie di Carlo Mezzena, Sottotenente della 31ª Batteria del Gruppo Bergamo, Divisione Alpina Tridentina. Ogni fotografia è stata recuperata dalla precedente pubblicazione dell'intero album e trattata con l'intelligenza artificiale per renderla più nitida e dettagliata.
"L'opera dei partigiani".
"L'opera dei partigiani".
lunedì 25 novembre 2024
Il viaggio del 2013, da Romachowa a Nikitowka
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Venerdì 25 gennaio - 7a tappa Km.15,0: da Romachowa a Nikitowka. Villaggi e isbe abbandonate nella steppa russa.
L'Armata Rossa nel 1942
Nel novembre 1942, quando i sovietici passarono alla controffensiva dando inizio ad una serie di grandi operazioni il cui esito segnò il capovolgimento in loro favore delle sorti della guerra, la forza dell'Armata Rossa era la seguente:
Combattenti nell'Armata Rossa: 6.124.000
Artiglierie esclusi lanciarazzi multipli e mortai da 50 mm: 77.734
Carri armati e semoventi: 6.956
Velivoli da combattimento: 3.254
Inquadrati nei "Fronti" vi erano:
Divisioni: 391
Brigate fucilieri, brigate corazzate e meccanizzate autonome; 247
Corpi corazzati e meccanizzati: 15
Nella riserva strategica vi erano:
Divisioni: 25
Brigate fucilieri, brigate corazzate e meccanizzate autonome; 7
Corpi corazzati e meccanizzati: 13
Fonte "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943", Stato Maggiore dell'Esercito.
Combattenti nell'Armata Rossa: 6.124.000
Artiglierie esclusi lanciarazzi multipli e mortai da 50 mm: 77.734
Carri armati e semoventi: 6.956
Velivoli da combattimento: 3.254
Inquadrati nei "Fronti" vi erano:
Divisioni: 391
Brigate fucilieri, brigate corazzate e meccanizzate autonome; 247
Corpi corazzati e meccanizzati: 15
Nella riserva strategica vi erano:
Divisioni: 25
Brigate fucilieri, brigate corazzate e meccanizzate autonome; 7
Corpi corazzati e meccanizzati: 13
Fonte "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943", Stato Maggiore dell'Esercito.
giovedì 21 novembre 2024
Ricordi, parte 32
«… Ogni anno quando cadeva la prima neve e dalla finestra che guarda gli orti vedevo tetti e montagne imbiancarsi, mi prendeva una malinconia che stringeva il cuore e mi isolava da tutto il resto. Come se questa neve avvolgesse e coprisse la vita che è nel corpo. Anche di notte mi svegliavo quando nevicava. Lo sentivo che nevicava, e stavo immobile dentro il letto. I primi anni prendevo gli sci e andavo. Andavo da solo dove non avrei incontrato nessuno. Nessuno, tranne quello che avevo lasciato là. […] Ma io sapevo. Avevo visto cose che non si possono dire alle madri. Così, ogni volta che nevicava era come morire un poco…».
Dal libro "Ritorno sul Don" di Mario Rigoni Stern, per me il libro in assoluto più bello sulla Campagna di Russia.
Dal libro "Ritorno sul Don" di Mario Rigoni Stern, per me il libro in assoluto più bello sulla Campagna di Russia.