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domenica 15 dicembre 2024

Italiani nella neve, parte 9

Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.

Nona parte, La campagna di Russia in Tv.

A cavallo tra gli anni ‘60 e ’80, mentre il cinema viveva una fase di grande ridimensionamento, la Rai, fondata nel 1954, iniziò ad imporsi sul piano nazionale come ente leader nell’ambito della divulgazione scientifica, assolvendo al suo compito di televisione di Stato. La Rai, accanto a programmi di successo come Quark (1981), Superquark (1995) e Ulisse – Il piacere della scoperta (2000), ha prodotto, nell’ambito della divulgazione scientifica di tipo storico, dei programmi che hanno letteralmente fatto epoca.

Il primo di essi è Nascita di una dittatura (1972) di Sergio Zavoli che, attraverso il racconto di personalità fasciste e antifasciste, descrive gli anni che precedettero l’avvento del fascismo.

Altro grande protagonista del racconto storico televisivo è Gianni Bisiach. Il giornalista, dopo essere divenuto famoso per la sua striscia quotidiana Un minuto di Storia, in onda al mattino all’interno del TG1, si occupò nel 2004 della realizzazione delle serie La seconda guerra mondiale, che si propose come il primo organico racconto televisivo sul secondo conflitto mondiale.

Nel 1997 Rai Educational, oggi Rai Cultura, diede avvio alla realizzazione de La Storia siamo noi. Il programma, curato e condotto da Giovanni Minoli, con più di 5000 puntate, si è imposto nel panorama italiano come uno dei prodotti televisivi di approfondimento storico di maggiore successo. Dopo aver ottenuto numerosi riconoscimenti di categoria, tra i quali il prestigioso History Makers International, ossia l’Oscar dei produttori televisivi di storia, la serie viene definitivamente cancellata dai palinsesti Rai nel maggio 2013.

In sostituzione de La Storia siamo noi viene varato il nuovo programma di approfondimento storico Il tempo e la storia. Il programma, condotto dal 2014 al 2016 dal giornalista Massimo Bernardini e attualmente dalla storica Michela Ponzani, è caratterizzato da un format innovativo che si propone, attraverso domande rivolte ad uno storico presente in studio, di conciliare l’aspetto culturale e il rigore scientifico con un linguaggio televisivo accessibile a tutti.

Per ciò che concerne il racconto della campagna di Russia, nel periodo compreso tra il 1980 e il 2011 sono stati realizzati nove tra documentari e reportage di cui la stragrande maggioranza prodotta, o quantomeno trasmessa, dalla Rai. Per quanto riguarda il racconto generico dell’avventura militare italiana possiamo ricordare Tragedia sul Don (1983) di Massimo Sani; 1941 – 1943: l’Armata italiana in Russia (1991) di Sandro Alesco; L’ultima marcia (1999) di Francesco Cirafici e Daniela Troncellitti; Battlefield tour. La memoria sopravvissuta - La campagna di Russia. I più non ritornano (2006) di Angelo Rossetti e La disfatta sul Don (2008) di Andrea Broglia.

Tutti questi documentari, fatta eccezione per La disfatta sul Don, sono accomunati da una medesima impostazione della struttura del racconto. Infatti La disfatta sul Don, oltre a esporre la naturale successione degli eventi bellici, si sofferma a derubricare le croniche mancanze dell’equipaggiamento dell’armata italiana e le ripercussioni sul piano politico di questa così grave tragedia.

Un’altra importante parte della ricerca televisiva è stata indirizzata verso il tema della detenzione dei prigionieri italiani durante tutta la seconda guerra mondiale. In tal senso, le opere più rappresentative sono Prigionieri del 1987 e Combat Film – Prigionieri del 1995.

Prigionieri, diretto da Massimo Sani, è un film-inchiesta in tre puntate che racconta l’esperienza di prigionia di circa un milione e trecentomila soldati italiani che furono fatti prigionieri dagli eserciti alleati sui fronti dell’Africa del Nord e Orientale, della Grecia, della Russia e, successivamente all’armistizio dell’8 settembre, anche dai tedeschi. Il film-inchiesta è stato ambientato nell’ex campo di prigionia di Fossoli, vicino Carpi, che per l’occasione venne trasformato in un set dove ospitare i reduci che a viva voce rievocano le loro esperienze. Il regista, oltre a quella di Giorgio Rochat, considerato il massimo studioso della campagna italiana in Russia, si avvale della collaborazione di Nuto Revelli, reduce di Russia e creatore di diversi volumi dedicati alle memorie dei soldati italiani nei campi di prigionia sovietici.

Il programma Prigionieri, ideato da Italo Moscati e Roberto Olla, contenuto nella collezione Combat Film. 1943 - 1945, la guerra in Italia, si propone di rievocare le vicende degli internati militari italiani attraverso i cosiddetti combat film, ossia i filmati realizzati da cineoperatori militari durante i combattimenti. Dopo aver analizzato l’effettiva applicazione della Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929, accordo che regolava il trattamento dei prigionieri di guerra, il documentario procede ad un’attenta indagine circa le diverse realtà detentive (americana, tedesca e russa) in cui furono internati i militari italiani.

Per quanto riguarda i campi di prigionia in Unione Sovietica, essi erano suddivisi in campi numerati e non numerati. Quelli numerati comprendevano i centri di raccolta e di concentramento più importanti situati nella zona di Mosca, degli Urali, del Caucaso, del Kazakhstan e dell'Uzbekistan. In base ai dati in nostro possesso, dal 1939 al 1943, in Unione Sovietica si contavano appena ventiquattro campi di prigionieri di guerra; in seguito alle avanzate dell’Armata Rossa, al conseguente aumento di prigionieri e alle disposizioni ministeriali in merito all’ampliamento della rete concentrazionaria, si raggiunse la cifra di 533 lager. A questi campi di internamento si devono sommare nove lager speciali, definiti obect (obbiettivo), situati «nella regione di Mosca, in Lettonia e nelle regioni di Ivanovo e Chabarovsk». Nessuno di questi lager venne mai visitato da rappresentanti della Croce Rossa internazionale o di altri enti assistenziali. Le notizie su questo microuniverso furono ricavate soltanto attraverso le testimonianze dei superstiti.

Ad onor del vero la macchina concentrazionaria russa già ben rodata durante gli anni del Grande terrore, si ritroverà completamente impreparata circa la gestione di quasi 292.000 uomini divisi tra tedeschi, italiani, ungheresi e rumeni, fatti prigionieri dall’Armata Rossa dopo la seconda battaglia del Don. Questa enorme massa di uomini, che doveva essere trasferita nel più breve tempo possibile nelle retrovie, giunse in condizioni critiche nei lager sovietici. In effetti, come si è potuto evincere dalle testimonianze, la situazione all’interno dei lager non era certo migliore di quella già patita durante i lunghi viaggi di trasferimento. Infatti la scarsezza del vitto, il lavoro massacrante, le proibitive condizioni climatiche, le carenze igienico-sanitarie unite alla più totale negligenza dei comandi sovietici causarono la morte di circa il 59% dei detenuti. La situazione andò leggermente migliorando nell’estate del 1943, quando la leadership sovietica nella persona del ministro degli Interni Lavrentij Berija inviò una direttiva alla scopo di «migliorare le condizioni di vita dei prigionieri e portare a un livello sanitario esemplare gli alloggi e le aree dei lager; migliorare il trattamento il trattamento sanitario si ciascun prigioniero prevedendo una dieta differenziata per i prigionieri malati e debilitati e distribuire a quest’ultimi 750 grammi di pane al giorno e una razione di cibo aumentata del 25% finché non si ristabilisce completamente la loro capacità lavorativa». Ciò nondimeno, sia a causa della poca volontà dei comandanti dei lager sia per i carenti mezzi di cui essi disponevano, queste disposizioni rimanevano inespresse.

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