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martedì 31 dicembre 2024

Italiani nella neve, parte 10

Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.

Decima e ultima parte, L'Armir in scena.

Il tema del racconto della campagna di Russia non è stato oggetto solamente di film o documentari ma anche di alcune opere teatrali. Agli inizi del nuovo millennio, complice la riscoperta di gran parte della letteratura inerente ai fatti di Russia, sono state realizzate diverse trasposizioni teatrali tra le quali le più significative sono senza dubbio Il sergente e Li Romani in Russia.

Il sergente, tratto dall’opera di Mario Rigoni Stern Il sergente nella neve, è uno spettacolo teatrale ideato, diretto ed interpretato dall’attore bellunese Marco Paolini.

Paolini, già attivo in cinema e televisione, non è affatto nuovo ad esperienze teatrali di questo genere in cui riesce a conciliare il gusto per la ricerca storica con l’intento di denuncia, costanti queste del cosiddetto “teatro di impegno civile”. In tal senso le opere più note di Paolini sono Vajont del 1993 e Il Milione del 1998.

Il sergente, rispettando le linee guida del teatro di narrazione già espresse in Vajont e ne Il Milione, procede ad una disamina priva di retorica e quanto più realistica possibile dei tragici fatti di Russia. A tal riguardo anche la scelta dell’ambientazione ricopre un punto di fondamentale importanza. Se Vajont fu trasmesso dalla sommità della diga e Il Milione fu messo in scena all’Arsenale di Venezia, con il pubblico assiepato sulle barche, Il sergente scelse come location “naturale” una cava di pietra dismessa sui monti Berici, alle porte di Vicenza. Lo stesso Paolini dirà riguardo a questa scelta: "Per il teatro bastano quattro muri. Ma il mezzo televisivo ha una sua urgenza, ha bisogno di un luogo che aggiunga la potenza di un'immagine non pretestuosa. Altrimenti, incorniciato dallo schermo, diventa lontanissimo da chi sta a casa. A me interessa la tv in diretta, e che abbia un pubblico presente in carne e ossa. Su un fiume era difficile, e certo non potevamo mettere della neve posticcia. Ho trovato questa cava. Mi pare perfetta per raccontare una discesa oltre ogni limite, al fondo della condizione umana, come quella che racconta Rigoni".

Attraverso l’utilizzo della tecnica del monologo, lo spettacolo, che non presenta alcuna interruzione pubblicitaria, può essere suddiviso in due grandi blocchi narrativi: il primo racconta la vita di trincea e la sua immobile monotonia che snerva gli alpini e riporta alla memoria la staticità dei fanti della Grande Guerra; la seconda parte, di durata più breve, racconta i momenti d’addio al caposaldo e l’inizio della tragica ritirata.

Il sergente, portato in teatro tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006, ebbe la sua consacrazione il 30 ottobre 2007 con la diretta televisiva su La7 che, in funzione della messa in onda di questo spettacolo, impostò tutto il palinsesto della giornata sul tema della guerra.

Il critico teatrale Mauro Favaro a proposito de Il sergente scrisse: "Nelle prime uscite con un nuovo lavoro sembra che il narratore-Paolini misuri la disponibilità del pubblico ad ascoltarlo, assegnando ad esso il preciso ruolo di collaboratore, attivo e vivente, nel processo del “fare teatro”. Lo stesso è accaduto con “Il Sergente”. Ma se è vero il collaboratore più importante di chi narra è inevitabilmente colui che ascolta, è anche vero che proprio in quelle occasioni la necessità di racconto si è tramutata nel racconto vero e proprio, non già per misurare la tenuta di una storia reale, ma per riordinare uno spettacolo che, come afferma Paolini, non è un antidoto a quanto accaduto, bensì esperienza utile alla memoria, per poter addestrare e per poter istruire".

Li Romani in Russia è l’adattamento dell’omonima opera del poeta, scrittore e regista Elia Marcelli, reduce della campagna di Russia. L’opera, adattata a pièce teatrale da Marcello Teodonio, narra le vicende di un gruppo di soldati romani della divisione Torino che la guerra scaraventò dalla caserma della Cecchignola, vicino Roma, alle rive innevate del fiume Don.

Li Romani in Russia si presenta come una nuova forma di teatro civile che mostra numerose innovazioni soprattutto a livello linguistico mediante l’accostamento dell’ottava classica al dialetto romanesco. Conciliando in tal modo la metrica dei grandi poemi classici con la lingua popolare di Giuseppe Gioacchino Belli, viene fuori una narrazione più spontanea del solito.

Lo spettacolo è interpretato unicamente dal cantautore Simone Cristicchi che, vestito con una «divisa d’epoca, uno zaino, un fucile e una sedia», ha dato vita ad una narrazione ricca di pathos dal taglio decisamente cinematografico.74 Cristicchi, dopo esser passato alla ribalta nazionale con il singolo Vorrei cantare come Biagio (2005) e la vittoria al Festival di Sanremo del 2007 con la canzone Ti regalerò una rosa, si è dedicato alla realizzazione di questo spettacolo teatrale, spinto anche da motivi di natura familiare. Infatti suo nonno Rinaldo, fante della divisione Torino, fu uno dei pochi ad essere riuscito a ritornare vivo dalla Russia portando con sé la paura per il freddo, paura che lo tormentò per tutto il resto della sua vita.

La preparazione di questo spettacolo è stata molto intensa al punto che Cristicchi ebbe a dire in un'intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano: "Per arrivare degnamente preparato al mio debutto come attore, ho dovuto lavorare sodo imponendomi una disciplina ferrea, anche perché portare in scena un monologo di un’ora e mezza è faticoso come scalare una montagna; ma rispetto a un concerto mi dà molta più soddisfazione. Solo per imparare a memoria il testo ho impiegato 4 mesi. Poi, prima di lavorare con il regista, ho preferito fare delle anteprime, per testare da subito la reazione del pubblico. E se oggi porto in scena questo spettacolo, è proprio grazie all’incoraggiamento del pubblico che ha assistito a quelle prime repliche. Successivamente è arrivato il regista Alessandro Benvenuti, e devo dire che c’è stato il vero salto di qualità. Dalle luci alle musiche alla mia recitazione. Ho imparato da Benvenuti l’arte della caratterizzazione di ogni singolo personaggio: il colonnello, il sergente maggiore, il prete, e poi Gigi, Peppe, Nicola, Zi’ Pasquale, er Professore, ovvero i soldati del plotone. La sua grande esperienza è servita a dare un perfetto equilibrio alla musicalità della narrazione, a limare alcune ingenuità iniziali, evitando di enfatizzare troppo la recitazione".

Dopo il debutto del 30 ottobre 2010 al teatro Na Starnon di Mosca, in una serata organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura a Mosca (IICM), Li Romani in Russia ha dato inizio ad una tournée sul territorio nazionale fino a tutto il 2015 e con alcune date anche nel 2016.

Il critico Alessandro Bronzini, favorevolmente impressionato dalla performance di Cristicchi, scriverà: "Simone dà voce a tutto questo con credibilità, sensibilità e tenerezza facendo suo un testo vissuto sulla propria pelle, ancor prima che imparato a memoria. Lo aiuta la regia impeccabile di Alessandro Benvenuti che alterna registri stilistici differenti a prima vista incompatibili con la durezza del testo e che invece ne rafforzano la credibilità, creando da subito quell’ empatia con il pubblico che è la chiave di volta di uno spettacolo davvero ben riuscito e che, ribadisco, avrebbe davvero ben pochi validi motivi per essere perso".

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