venerdì 30 dicembre 2022

Ricordi, parte 18

La Russia quella della neve, quella del freddo, quella del passo dopo passo senza mai arrivare, quella dove entri un villaggio e le persone ti aprono la porta di casa per farti scaldare e darti da bere, quella della gente che ti riconosce per strada e seppur all'epoca eravamo invasori ti saluta e ti sorride, quella che mi manca ogni volta che arriva l'inverno.

Cronaca di una sconfitta annunciata, 30.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

30 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

Al mattino del 30 dicembre il movimento sembrava svolgersi regolarmente, quando una puntata di carri armati sovietici si abbatteva su unità romene unitesi alla colonna italiana. Le unità italiane non ancora incolonnate dovevano adottare misure di emergenza per arrestare il disordinato flusso del numeroso carreggio romeno e riuscivano anche a distruggere tre carri armati del nemico. Il movimento veniva ripreso all'imbrunire; verso le ore 22 la colonna, ormai composta di soli italiani, raggiungeva Gorodjanka e Tessa Ulof. In quest'ultima località il Comando della Sforzesca riconsegnava ai reggimenti le rispettive bandiere, precedentemente ritirate per meglio assicurarne la conservazione. Inoltre il Comandante del XXIX Corpo d'Armata, Generale von Obstfelder, si recava a salutare i reparti italiani che lasciavano la Grande Unità tedesca ed emanava un Ordine del Giorno di commiato e di ringraziamento.

BLOCCO NORD.

II 30 dicembre le forze nemiche assedianti ricevevano rinforzi e rifornimenti.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

All'alba del 30 dicembre, dopo lunga preparazione d'artiglieria e con l'appoggio di 25 carri armati, il nemico attaccava nuovamente il fronte del battaglione Tolmezzo (6a compagnia), puntando sulla rotabile Novo Kalitva-Komarof. Contenuto in primo tempo dal preciso fuoco delle armi automatiche e dell'artiglieria, l'attacco veniva ripreso verso le 6,30 con largo appoggio d'artiglieria e a ondate successive sempre respinte. Alle ore 8 i russi erano costretti a ripiegare in disordine. Frattanto l'operazione avversaria si estendeva verso sud contro le posizioni tenute dalla 385a Divisione (quota Cividale). Ancora il battaglione Tolmezzo e le artiglierie italiane concorrevano all'azione difensiva dei tedeschi, ma il nemico riusciva a conquistare la posizione. Interveniva allora un contrattacco del battaglione Gemona che ristabiliva la situazione. La lotta durava per l'intera giornata su posizioni conquistate e perdute più volte.

Anche le posizioni del 9° alpini (battaglione Vicenza), a cavallo della strada Deresovatka-Selenj Jar, erano violentemente attaccate fino dalle prime ore del mattino, da circa due battaglioni sovietici. Alle 7,30 comparivano sul campo della lotta, in appoggio alla fanteria sovietica, anche carri armati, dei quali alcuni pesanti. Nella lotta ravvicinata quattro di essi erano posti fuori combattimento. Verso le ore 10, poiché la situazione si era fatta critica anche sul fronte della 385a Divisione, veniva richiesto l'intervento aereo tedesco, effettuato alle 11,45 ad ondate successive di tre apparecchi, che spezzonavano e mitragliavano le forze avversarie. Un contrattacco svolto dalla 59a compagnia del battaglione Vicenza a sud del quadrivio di Selenj Jar, appoggiato da 4 semoventi e 6 carri armati tedeschi, riusciva a respingere il nemico dopo lunga lotta; alle ore 18 la situazione era ristabilita.

Sospesa per alcune ore notturne, la lotta si riaccendeva il 31 dicembre prima dell'alba, nella stessa direzione del giorno precedente, e il nemico attaccava su due colonne (ciascuna circa di un battaglione) appoggiate da 18 carri armati. La difesa, nella quale erano stati inseriti anche gli artieri del III battaglione misto genio divisionale, dopo un primo successo nemico, conteneva l'attacco e, con un pronto contrattacco, alle 8,40 ristabiliva la situazione, infliggendo al nemico gravi perdite in uomini e carri armati. Un ritorno offensivo sovietico alle 12,45 era nuovamente respinto.

DIFESA Dl VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

Alla sera del 30 dicembre la Ravenna e le altre forze italiane ad essa unite venivano sostituite dal gruppo tedesco Schramm. La Divisione passava alle dipendenze operative della Sezione di Armata Fretter Pico, per assumere la difesa di un altro settore.

Ritorno sul Don, parte 5

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Finalmente, dopo le mie risposte, l'ambiente si rasserena e, sempre lui, ci racconta che «allora» era qui e aveva quattordici anni. Mi sembra di rivederlo in uno di quei ragazzi che con un parabellum di traverso il petto o un fucile più alto di loro operavano con i partigiani. Ricorda gli italiani e il loro ultimo combattimento quando furono circondati dalla cavalleria cosacca; i prigionieri. Ricorda che cantavano, anche. [...]

- Le so, queste cose, - dico. Di sua iniziativa mi dice che i nostri morti sono stati sepolti in una fossa fuori dal paese, verso la steppa. Forse questo sarà anche vero, ma so per certo che a Nikolajevka tutti i nostri morti li hanno raccolti davanti alla chiesa, cosparsi di benzina e inceneriti: non era possibile scavare una fossa perché il terreno era gelato in profondità, duro come la pietra. [...]

Mi chiede del mio paese, dell'Italia, di come si vive. Rimane molto stupito quando gli spiego che da noi, sulle montagne, viene tanta neve e qualche inverno arriviamo ai trenta gradi sotto zero. Mi nomina qualche città: Torino, Milano, Napoli, Roma, e mi chiede quale di queste è più vicina al mio paese. [...]

Fa portare al tavolo una carta geografica della zona, la confronta con la nostra carta stradale della Russia, con le mie italiane e gli dico dove intendo andare. Ma in nessuna carta russa è segnato il nome che cerco: Nikolajevka. C'è solo sulle carte italiane. - Ma non esiste questo paese? - dico. - Ma qui c'è pure Nikitòvka e Arnautòvo -. Noi abbiamo sempre pronunciato in maniera sbagliata: c'è, mi dicono, Nikitòva e Arnàutovo. Le due carte russe non corrispondono, le tre italiane nemmeno. [...]

Due membri del Soviet di Valuichi si offrono di accompagnarci verso la pista che porta a Nikitovka e Arnautovo: - Andiamo, - dico, - si fa tardi -. Poi penso tra me: «Da li la strada per Nikolajevka la troverò io. Diavolo se la troverò!». [...] Finalmente incontriamo delle isbe e Larissa chiede la strada per Nikolajevka: - Non so, - ci rispondono. Oppure: - Mai sentito nominare questo paese. Mi viene il dubbio che il nome sia quello del tempo degli zar, Nicola, appunto, e prego Larissa di chiedere ai più vecchi. Non lo sanno nemmeno loro. Non c'è.

Larissa e Jurij sono preoccupati. Ma dove ci vuole portare questo pazzo di italiano? Alla ricerca di un paese che non esiste? Allora prendo io l'iniziativa: controllo i chilometri fatti da Valuichi, guardo le carte, il sole: - Vai per di qua, - dico a Jurij. E dopo: - Prendi per quella traccia. [...] Ma laggiù, tra pochi alberi coi colori dell'autunno, in un grande silenzio, due villaggi sembrano confondersi e impastarsi con l'aria e la terra: Nikitova e Arnautovo. Non mi posso sbagliare. No, non mi sono sbagliato. Cammino fuori dalla pista. Capitano Grandi del Tirano, dormi in questa pace. Ti porto i saluti dei superstiti del tuo battaglione, di Nuto Revelli e di tutti gli alpini della Tridentina. Dormite in pace amici valtellinesi, in questo silenzio, in questa terra nera, in questo autunno dolcissimo. [...]

Da sopra il dosso mi appare come allora. Non riesco a dire di fermare la macchina ma Jurij ha capito. Le mie mani a stento aprono la porta, a stento i piedi si posano sul terreno. Cammino? Cammino verso Nikolajevka. Il dosso. Questo dosso dove siamo scesi la mattina del 26 gennaio. I resti dei battaglioni, delle compagnie, delle squadre del 6° alpini. Il Vestone, la 55: la valletta ricolma di neve, il terrapieno della ferrovia, il sottopassaggio, il casello. Giuanin, Minelli, il capitano, il tenente Pendoli, i russi vestiti di bianco con le due mitragliatrici, i cannoni anticarro che i paesani del genio alpino hanno assaltato a bombe a mano. Tutto. Tutto come allora. [...]

Quanti siamo rimasti? Forse in due, forse in quattro con loro. Guardo e non sono capace di dire una parola, di fare un gesto. Rino, Raoul, Giuanin. il generale Martinat, il colonnello Calbo, Moreschi, Tourn, il tenente Danda, il maggiore Bracchi, Monchieri, Cenci, Baroni, Moscioni, Novello, don Carlo Gnocchi. Tutti qui eravamo.

Ricordi, parte 17

Gennaio 2023... avrei dovuto ripartire, la settima volta, per la Russia, avrei dovuto essere là proprio negli stessi giorni in cui 80 anni fa Mario Rigoni Stern, Raoul Achilli e tutti gli altri scrivevano le pagine di storia di cui parlo in questa pagina.

E invece non accadrà neanche quest'anno e per chissà quanti anni a venire. Mi manca la Russia, mi manca tutto di quei giorni in cui si cammina nel nulla per ore, come se fossimo in un altro mondo e in un'altra epoca. Mi manca tutto quello che c'è lì... il niente della Russia.

Il rumore degli scarponi nella neve che tanto mal tolleravano i reduci nei loro racconti, a me manca. Quel freddo mi manca. Certo, non penserei le stesse cose se avessi vissuto quello che hanno passato loro; ho la fortuna di non averlo provato sulla mia pelle...

Come ho scritto anche in passato è più un viaggio dello spirito che del corpo. La sofferenza interiore è sempre maggiore alla stanchezza fisica. Ma è quello che in ogni viaggio cerco, quasi in modo masochistico. Sentire, capire, ricordare...

Durante il viaggio in treno verso Rossoch il primo anno che sono stato in Russia, ricordo come cercavo di non addormentarmi per non perdermi neanche un istante di quei paesaggi sempre uguali, sempre bianchi, che scorgevo dal finestrino... volevo trovare qualche dettaglio di quei tanti racconti letti nei libri dei reduci.

E poi la neve e il freddo, e i chilometri in un paesaggio sempre uguale, monotono, bianco, dove terra e cielo quasi non si distinguono, dove non si capisce quando termina l'una ed inizia l'altro. Con quel senso di solitudine che l'immensità della Russia riesce a trasmetterti ad ogni passo.

Una settimana prima nella mia vita normale, monotona rispetto alle emozioni della Russia; poi, una settimana dopo lì a chilometri di distanza, in mezzo a quel mare di neve, la stessa neve di cui avevo tanto letto nei libri di Rigoni Stern e di Bedeschi.

Cammini, ti fermi, ti stacchi dalle altre persone quasi per ritagliarti un momento solo tuo; per scattare mentalmente quelle "fotografie" che poi ti porti sempre dietro anche a distanza di mesi o anni; dettagli che ricordi quando torni alla tua vita normale, di tutti i giorni.

Mi manca tutto, mi mancherà ancora di più nei prossimi giorni. E anche quest'anno che verrà non sarò lì con loro...

giovedì 29 dicembre 2022

Cronaca di una sconfitta annunciata, 29.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

29 DICEMBRE.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Nella notte sul 29 e nella giornata seguente le compagnie in linea venivano sostituite da altre dei battaglioni Vicenza e Val Cismon. Il valoroso comportamento dell'intera Divisione era citato dal bollettino di guerra del Gran Quartier Generale tedesco: «Nei combattimenti della grande ansa del Don si è particolarmente distinta la Divisione alpina Julia».

Ritorno sul Don, parte 4

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Lasciamo Charkov al primo albore perché la strada sarà molto lunga. Dopo circa centocinquanta chilometri di camionabile asfaltata ci inoltreremo per piste di terra battuta sino a raggiungere Valuiki, poi piegheremo a nord-est per Nikitovka e Arnautovo, e da li, per Nikolajevka lungo la strada del nostro ripiegamento, ritorneremo a Charkov per Sebekino e Bielgorod. [...]

Più avanti entriamo in quella parte dell'Ucraina meno abitata, i villaggi sono lontani tra di loro decine di chilometri; a tratti, dopo le distese di terra nera e grassa, affiorano colline biancheggianti solcate dai calanchi; le isbe hanno quasi tutte il tetto di paglia; le strade sono piste di terra battuta, come allora, e, ai lati di queste, ogni tanto compaiono i lunghi pagliai dove avevano trebbiato nell'estate. Era sui pagliai come questi che molte notti si cercava riparo dal freddo e dalla tormenta; [...] Spiego questo sottovoce a mia moglie ma anche Larissa ha capito qualcosa e chiede spiegazioni. In russo-francese tento di farmi capire e l'autista che segue attentamente le mie parole dice dopo: - Anch'io ho combattuto da queste parti; da Voronesc a Valuichi nell'inverno del '43. Davanti a noi avevamo gli ungheresi; ma poi ho visto anche gli italiani. [...]

Finalmente incontriamo una tabella che indica Valuichi a quarantatré chilometri. Ci arriviamo dopo l'una e quando scendo dalla macchina sento che ora, si proprio ora, sono tra loro. Tra gli alpini, dico. E mi allontano dal gruppo per una strada qualsiasi. Quasi mi viene da chiamare nomi. Qui, tra queste case, per queste strade, per questi orti finirono i resti della Julia e della Cuneense tra il 26 e il 28 gennaio del 1943. I paesani e i ragazzi mi guardano curiosi: - Chi sarà questo straniero dal passo incerto?

Mia moglie mi chiama e anche Larissa e Jurij mi fanno cenno di ritornare. Nel ristorante del Soviet locale è pronto da mangiare per noi. Ma io prima mi aggiro ancora, solo, attorno alla chiesa bianca e celeste dove vecchie contadine sono forse venute in pellegrinaggio dalla campagna. [...] Finché mia moglie e Jurij mi vengono a prendere perché la tavola è già imbandita e la solianka va raffreddandosi. La nostra colazione non è ancora terminata che viene da noi un uomo con gli occhiali; ci dice: - Il segretario del Soviet di Valuichi vi aspetta nella sede; vi prego, quindi, appena avete finito, di seguirmi. [...]

L'accompagnatore con gli occhiali e dall'aria di seminarista, senza bussare apre una porta e ci fa entrare. Mi accorgo che con noi non c'è Jurij e mi sento come indifeso; sento pure la preoccupazione di mia moglie e la improvvisa remissività di Larissa.

Stava dietro una scrivania e dietro, sopra la parete campeggiavano un ritratto di Lenin e una bandiera rossa ricamata con simboli in oro. Con un gesto ci indica una panca laterale dove sederci; di fronte a noi, sull'altra panca, stanno seduti l'uomo che che è venuto a chiamarci e un altro uomo più anziano dall'aria bonaria di fabbro paesano. Senza farsi vedere dagli altri, mi sorride con gli occhi. [...]

mercoledì 28 dicembre 2022

Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Arrivo al villaggio di Opit dove nel gennaio 1943 si verificarono i primi significativi scontri della colonna in ritirata. Vivremo qui, senza ancora saperlo, alcuni dei momenti più intensi e significativi di questa memorabile esperienza.









Cronaca di una sconfitta annunciata, 28.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

28 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

Alla mezzanotte del 28 era finalmente raggiunto lo schieramento tedesco. L'affollamento ai varchi per raggiungere più presto la salvezza ed il riposo, faceva sì che alcuni uomini uscissero dai limiti stabiliti e rimanessero vittime dei campi minati predisposti a difesa. I superstiti si raccoglievano nella zona Michajlovskij - Nadeshovka, e vi sostavano per l'intera giornata del 29.

BLOCCO NORD.

Il 28 dicembre un aereo italiano effettuava un lancio di viveri, medicinali e munizioni per armi leggere. Nel pomeriggio del 29 dicembre giungevano in aereo il Comandante dell'aviazione dell'8a Armata, Generale Pezzi, ed il Colonnello medico Bocchetti, ai quali era esposta la situazione in atto. Nel viaggio di ritorno l'aereo andava disperso.

Ritorno sul Don, parte 3

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Ora sono venuto in Russia per la terza volta. Il treno è entrato in Ucraina e corre via liscio e veloce; a Cop, mentre ci controllavano i passaporti, gli operai hanno cambiato i carrelli ai vagoni e ora non si sentono più i sobbalzi e gli scossoni che nell'attraversare l'Ungheria ti mescolavano il cervello e le viscere. Allora i treni non facevano questa strada, passavano più a nord, per la Cecoslovacchia e la Polonia. Da Leopoli si che sarà la stessa. Sarò forse il primo alpino che ritornerà in quei luoghi dopo trent'anni. Come sarà? Il treno corre tra i boschi della Transcarpazia, ricordo i miei due viaggi precedenti, i compagni di allora. In silenzio guardo le cittadine e i villaggi con i camini che fumano, le oche negli stagni, i vagoni che sfilano nelle ampie curve. [...]

È notte, mia moglie prepara i lettini nella cabina e intanto parlo nel corridoio con i compagni di viaggio. Due sono italiani, gli altri russi. Il più giovane degli italiani si è laureato a Mosca e ha sposato una ragazza di qui, ora si interessa di export-import; l'altro italiano è un vecchio fuoruscito della Bassa Padana [...] Mi mostra con orgoglio la lettera che Longo gli ha mandato in occasione del suo cinquantesimo di militante comunista, la medaglia d'oro e la cicatrice sulla mano, quando venne ferito in uno scontro davanti la Casa del Popolo. Gli aveva fatto impressione rivedere il suo paese dopo tanti anni, e commosso la festa dei vecchi compagni; pure sentiva nostalgia della moglie che lo aspettava a Mosca e del pane nero e saporito.

Mi dice anche in confidenza che quando al confine sono saliti i funzionari russi, ha sentito che tra loro dicevano di un certo Rigoni, un italiano, scrittore di guerra, che avrebbe dovuto essere sul treno. Mi aspettavano, insomma. [...] I miei compagni di viaggio dormono nelle loro cabine, il treno corre liscio sulle rotaie, la notte è serena e le costellazioni mi indicano l'orientamento: andiamo verso sud-est. Passano foreste, villaggi con piccole luci, città illuminate, distese di terra nera arate di fresco, stoppie, altre distese, ancora villaggi: questa è la Russia. Domattina saremo a Kiev. Per questa strada ferrata passammo anche allora, e da Vinitza era Lisa Mitz che faceva la cuoca al distaccamento di prigionieri lungo la ferrovia del Baltico. Sarà ancora viva?

Il treno corre nella notte e non dormo. Allora eravamo in tanti dentro i vagoni dalle porte spalancate e si stava distesi tra armi e zaini. Ma ha un senso andare alla ricerca di quel tempo? A Kiev, appena siamo giù dal treno si avvicina una ragazza: - Scusi. - dice in perfetto italiano, - è lei il signor Rigoni Stern? Le do il benvenuto. Sono dell'Inturist. [...]

Si sa che Kiev è una città antica [...] L'interprete vorrebbe accompagnarci nei soliti luoghi che i turisti vogliono vedere: il Gum, il metrò, i musei, le cattedrali, i vecchi conventi, e rimane sorpresa quando le dico che preferisco stare tra la gente. I colori e il sole di questo lungo autunno sui giardini di Kiev mi allontanano dallo scopo del mio viaggio fino a quando in un parco sopra la collina vediamo il monumento ai soldati caduti per liberare la città nel dicembre del 1943. Leggo il nome di un generale di quarantadue anni e quello del giovanissimo soldato che per primo vi entrò su un carro armato, e vedo la grande fossa dove sono tutti insieme sepolti e i fiori freschi sulle pietre. [...]

Nella primavera del 1945 a Kiev erano sopravvissuti appena duecentocinquantamila abitanti, ora sono oltre i due milioni. I trucidati, i deportati, i caduti in combattimento in Ucraina furono milioni, e non c'è casa o famiglia che non abbia avuto i suoi morti. [...] O sedermi accanto a quell'ebreo, chissà come sopravvissuto, che sulla panchina si gode il sole guardando i ragazzi che giocano che giocano. No, noi qui non eravamo come i tedeschi; e dopo, quando ognuno poté scegliere, fui con voi. Per questo posso dire tranquillamente: - Ià italianschi, - e voi rispondermi sorridendo: - Italianschi carasciò! [...]

Il giorno dopo sono in viaggio per Charkov: è da questa città che spero di raggiungere il Don. Qui a Charkov vi era un grande ospedali italiano dove molti nostri compagni sono morti. Anche il mio capitano che venne ferito a Nikolajewka il 26 gennaio. E nei pressi di Bielgorod, a una ottantina di chilometri da qui, siamo usciti dalla sacca in quel febbario del 1943. [...] A Charkov scendiamo allo stesso albergo.

Anche qui mi aspettano alla stazione, e dopo, in albergo, il direttore dell'Inturist mi chiede se il mio desiderio è proprio quello di visitare i luoghi dove hanno combattuto gli italiani. Ci tiene a precisare che le distanze sono grandi, le strade non tutte buone e, infine mi chiede se sono disposto a pagare in valuta [...] e lo scopo del mio viaggio è solo per portare un saluto ai miei compagni caduti e rimasti per sempre in quelle steppe, e anche un ringraziamento alla gente dei villaggi e delle isbe. Solamente ora sorride appena: - Allora siamo d'accordo, - dice. [...]

Ricordare, ricordare, ricordare sempre...

Coming soon.

martedì 27 dicembre 2022

Storia Illustrata 1999, parte 8

Speciali di Storia Illustrata, Campagna di Russia - La tragedia dell'ARMIR, Agosto 1999, ottava parte.

















Ritorno sul Don, parte 2

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Questa era la terza volta che andavo nelle Russie; la prima fu quando partimmo da Aosta con il Cervino, la notte del 13 gennaio 1942. Nevicava, allora. Gli alpini salivano sui vagoni con fiaschi e bottiglie in mano e nello zaino, e vino in corpo; si cantava [...] Il viaggio fu lungo, durò fino al 21 febbraio: quaranta giorni attraverso la Germania, la Polonia e l'Ucraina. Il freddo era intenso e persistente. [...]

Più avanti, in Polonia, il treno si fermava perché i partigiani facevano saltare i binari o i ponti sui fiumi. [...] Un giorno incrociammo un treno carico di feriti che scendevano dal fronte di Mosca; stavano ammucchiati sulla paglia dentro i vagoni merci, fasciati con bende di carta, poco coperti, pidocchiosi. Erano nelle medesime condizioni di come si sarebbe stati noi un anno dopo, all'uscita della sacca del Don. Un alpino di Gressoney che parlava tedesco chiese a uno di loro sua volta ci aveva chiesto da fumare: - Come va la guerra? - Merda! - ci rispose.

Nello scompartimento di terza classe assieme a me c'erano De Marzi, Bonomi e Marcellin; due dormivano sulle panche e due sui teli da tenda tesi come amache. Io stavo sopra, dentro il telo, e quando il treno partiva o si fermava gli scossoni erano tali che si dondolava per un bel poco. [...] Una volta ci dissero che il treno sarebbe stato fermato per almeno sei o sette ore. [...] C'era il mercato: uova, galline, nastri, paste colorate, semi di girasole, sedie impagliate, utensili da tavola in legno e donne che conversavano animatamente. Due soldati tedeschi delle SS, armati di tutto punto, osservavano staccati e con aria di sufficienza. [...]

In un altro villaggio incontrai un vecchio che nel 1917 era stato con gli austriaci nel mio paese devastato; io gli offrii tabacco e lui mi portò un secchio di birra, e stemmo a conversare in una lingua strana, ma dicendoci tante cose, durante tutta la sosta. Il 7 febbraio eravamo a Leopoli e qui più che altrove si vedevano i segni della guerra. [...]

Il 23 febbraio il generale Messe che comandava il CSIR venne a Jassinovataja e ci fece il discorso. Disse che il Cervino era un battaglione speciale, da non sprecarsi, e che il nostro compito sarebbe stato di far pattuglie nelle retrovie russe e colpi di mano.

Venne un marzo freddo che per niente annunciava la primavera. Si andava di pattuglia con gli sci per le pianure nei dintorni di Rikovo, e un giorno ci imbattemmo in una grande fossa ricolma di cadaveri nudi di ogni età e sesso. Restammo sconvolti e quando un tenente volle ritornare su quel posto con la macchina fotografica, trovò le fosse coperte con terra e neve. [...]

Qualche pomeriggio ci portavano anche a teatro. La compagnia teatrale era di ragazze e ragazzi ucraini che ballavano e cantavano in costume. I soldati che affollavano il teatro di Rikowo fischiavano, urlavano e battevano i piedi quando nel ritmo della danza apparivano le ginocchia delle ragazze o sobbalzavano i seni. Ma certe canzoni profondamente malinconiche facevano stare tutti zitti. [...]

Nella primavera del 1942 ritornai in Italia con alcuni compagni, alla Scuola d'Aosta. Alla stazione di Jassinovataja, Simonutti e Anzi rubarono alla sussistenza un barile di cognac; dopo la bevuta si addormentarono in Russia e si svegliarono a Udine. Nell'estate ritornai al mio reggimento e ripartimmo per le Russie la seconda volta.

Eravamo in tanti, questa volta, tre divisioni: nove reggimenti di alpini e tre di artiglieria, e i servizi; tanti lunghi treni, con tanti muli, non i trecento alpini del Cervino. Diceva, radio scarpa, che si sarebbe andati nel Caucaso per poi scendere da lì per l'Armenia sino a incontrare l'armata dell'Africa che sarebbe salita dall'Egitto. [...]

Era una domenica mattina e, al comando «Zaino in spalla, riposo», uscimmo dalla caserma Monte Grappa con la bocca ancora impastata per il vino della notte. Le strade mattutine di una Torino ancora addormentata erano deserte; i rari passanti si fermavano sui marciapiedi e ci guardavano passare senza farci alcun gesto. Il rumore dei chiodi degli scarponi e zoccoli dei muli sull'asfalto di corso Vinzaglio sembrava riempire la città [...] Erano gli alpini della Tridentina che andavano in Russia.

Alle 10,40 la tradotta parti, e Gazzoli, il tromba della compagnia, suonò l'avanti; il macchinista rispose con il fischio del vapore. Gli alpini urlarono. [...] Cosi, con un grande coro, partimmo dalla stazione di Porta Nuova quella domenica del 26 luglio. A Brescia trovammo tanto vino perché dalle montagne erano scesi i parenti dei nostri compagni bresciani; vino, pane e salame anche a Verona per i veronesi, e anche a Trento per i trentini. Poi, quando il treno scese dall'altra parte delle Alpi, stavamo a guardare dalla porta spalancata del carro ferroviario, con le gambe a penzoloni.

Cronaca di una sconfitta annunciata, 27.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

27 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

Nelle ore meridiane del 27 dicembre era compiuto un breve spostamento verso ovest, fino a Nikolajevskij, per migliorare gli alloggiamenti, ma non appena i reparti stavano sistemandovisi, alle ore 22 un ordine del XXIX Corpo ordinava la ripresa del movimento su Bolscioj Ternovyi, in valle Gnilaja. A mezzanotte, nella tormenta, veniva ripresa la marcia, disturbata, in coda, da attacchi di partigiani e, sul fianco destro, alle ore 4 del 28 dicembre, da reparti regolari sovietici. Alle ore 5,30, quando Bolscioj Ternovyi distava ormai soltanto 3 chilometri, un aereo tedesco lanciava un messaggio sulla colonna. Era una carta 1:300.000, con il segno di una forte occupazione nemica a Bolscioj Ternovyi e con l'indicazione di un nuovo itinerario fino a Skassirskaia, occupata da forze tedesche.

Si sarebbe trattato, però, di coprire una nuova tappa di altri 40 chilometri, in aggiunta ai 35 appena percorsi, portando la distanza complessiva a 75 chilometri senza soste intermedie, fuori delle piste, nelle descritte condizioni ambientali. La mancanza assoluta di carburante determinava un ulteriore sacrificio di automezzi e di bocche da fuoco. Carri armati sovietici attaccavano la colonna in testa ed in coda e tre di essi erano distrutti dalla poca artiglieria rimasta. Le perdite di uomini, per esaurimento e per congelamento, si moltiplicavano.

BLOCCO NORD.

Il 27 dicembre venivano richiesti al Comando d'Armata, nuovamente per mezzo della radio della 298a Divisione, l'invio di medicinali, lo sgombero aereo dei feriti più gravi e con automezzi (non appena fosse stata aperta la strada) di 2.000 feriti e congelati meno gravi. Veniva anche richiesta la presenza di un ufficiale del Comando d'Armata per constatare la gravità della situazione e prendere accordi per lo sgombero di feriti ed ammalati. Il necessario riordinamento dei reparti si dimostrava impossibile, poiché il nemico sempre vigilante non consentiva di effettuare adunate all'aperto. Il fuoco delle artiglierie, mortai e lanciarazzi provocava perdite tra gli uomini e la distruzione delle abitazioni. I reparti italiani erano assegnati alla difesa del settore orientale, contiguo ai loro alloggiamenti.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

La lotta si protraeva sullo stesso terreno nelle giornate del 27 e del 28, in una alternanza di perdite e di riconquiste di posizioni che, però, alla sera del 28 erano tutte in mano italiana. Le sole perdite per congelamento nella giornata del 28 ammontavano a 103.

lunedì 26 dicembre 2022

Ritorno sul Don, parte 1

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Ho scelto questa bellissima fotografia di Mario Rigoni Stern con il suo cane per raccontare, al di là della cronaca e dei numeri che riporto in questi giorni di dicembre e che riporterò anche nei prossimi fino alla fine di gennaio, un'altra storia di Russia. Una storia, sempre di Mario Rigoni Stern, che io scoprii tanti anni fa leggendo "Ritorno sul Don" dopo aver letto prima, non ricordo come e perché, "Il sergente nella neve" e "Centomila gavette di ghiaccio" di Bedeschi. Dicevo appunto... lessi "Ritorno sul Don" e continuo a leggerlo ogni anno, non ho mai smesso e non smetterò mai. Le vicende belliche di quella terribile campagna mi sembravano così lontane e relegate alla storia, ma "Ritorno sul Don" no! Era una storia così vicina, una storia che con mille distinguo, potevo vivere anche io. Una storia che ogni volta mi commuoveva e mi commuove, una storia che mi ha spinto a voler andare ad ogni costo in Russia, per vedere e cercare di capire. La riporto per intero per tutte quelle persone che non hanno mai avuto la fortuna di leggerla.

Ogni anno, quando cadeva la prima neve e dalla finestra che guarda gli orti vedevo tetti e montagne imbiancarsi, mi prendeva una malinconia che stringeva il cuore e mi isolava da tutto il resto. Come se questa neve avvolgesse e coprisse la vita che è nel corpo. Anche di notte mi svegliavo quando nevicava. Lo sentivo che nevicava, e stavo immobile dentro il letto. I primi anni prendevo gli sci e andavo. Andavo da solo dove non avrei incontrato nessuno. Nessuno, tranne quello che avevo lasciato là. [...]

Allora per delle giornate intere stavo zitto e chiuso; i colleghi d'ufficio e a casa dicevano che era perché avevo la luna di traverso. Era difficile spiegare, o non volevo. Perché una madre che aspetta non poteva sapere. Aspetta, prega, ma non si stanca di sperare. Magari, dice, è sposato in qualche parte perché la Russia è grande; e magari avrò anche dei nipotini, laggiù. [...] Ma io sapevo. Avevo visto cose che non si possono dire alle madri. Cosi, ogni volta che nevicava era come morire un poco. [...]

Fu per questo vivere, forse, che un mattino di dicembre il cuore si fermò? Forse poteva essere un allarme per dirmi che avevo ancora poco tempo? Ma io so che il tempo della vita non è quello che si misura con l'orologio. Andai in pensione. [...]

Però solo una cosa, ora, mi interessava veramente: avere quanto prima l'indennità di buonuscita che da Roma doveva liquidarmi l'Enpas. Quei soldi li volevo per ritornare in Russia. Forse avrei potuto trovare anche un giornale che avrebbe finanziato il viaggio; ero pur sempre quel tale che aveva scritto Il sergente. [...] Ma non volevo questo, o non cercavo queste strade; volevo essere libero di andare a modo mio.

Quando arrivò l'assegno della Banca d'Italia scrissi all'Inturist di Milano. Era d'estate, e mi risposero che avrebbero organizzato il viaggio per ottobre, quando non ci sarebbe stata la confusione dei turisti; ma fino a Charkov: arrivati là, avremmo dovuto, proseguire, prendere accordi con le organizzazioni locali. [...] Era di notte. Il mio cane abbaiò forte e festoso perché certo credeva che si andasse sulla montagna a galli: - Stai buono, - gli dissi, - per questa partenza non mi dispiace perdere il passo delle beccacce. Ma quando tornerò ne troveremo ancora qualcuna. [...] Pioveva, era notte fonda e mentre l'automobile ci portava giù per i tornanti della montagna per prendere il treno che da Torino arriva fino a Togliattigrad, pensavo alle altre mie partenze.

Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Finalmente e al termine della salita di Opit troviamo questo T-34/85 a ricordo degli avvenimenti bellici che qui si verificarono nel gennaio del 1943.



Cronaca di una sconfitta annunciata, 26.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

26 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

La marcia era ripresa alle ore 3 del 26 dicembre, con la temperatura di -38°. Alle ore 12, tre aerei tedeschi bombardavano per errore la colonna infliggendole forti perdite. La località di tappa, Nizne Petrovskij, era occupata alle 15, dopo due ore di combattimento.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Alle ore 3 del 26 dicembre i sovietici attaccavano il fronte dei battaglioni Tolmezzo e Val Cismon. Verso le ore 7 accentuavano gli sforzi sul Val Cismon, ottenendo parziali successi, annullati da un immediato contrassalto sostenuto da un plotone di carri armati tedeschi. Il Comandante del XXIV Corpo tedesco, esprimendo il suo compiacimento, esteso anche alle artiglierie che avevano appoggiato l'azione (gruppi Conegliano, Val Piave e XXIII/2° da 105/28), definiva gli alpini «molto aggressivi nell'attacco». Le perdite erano state ingenti dall'una e all'altra parte, per quella italiana aggravate dai congelamenti (64 nella sola 59a compagnia del battaglione Vicenza).

Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Affrontiamo per la prima volta la famosissima salita di Opit da Podgornoje; su questa salita gli Alpini dovettero abbandonare decine di mezzi.









Cronaca di una sconfitta annunciata, 25.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

25 DICEMBRE.

BLOCCO NORD.

Alle ore 7 del 25 dicembre, a Sceptukovka la colonna oltrepassava la ferrovia sostando quindi fino alle 13; era però disturbata da un bombardamento aereo. Alla ripresa del movimento la marcia si faceva sempre più penosa; molti militari restavano indietro, alcuni davano segni di alienazione mentale, provocata dalla fatica, dal freddo, dal biancore ossessionante del paesaggio, dal prolungato digiuno. Alle ore 22 la testa della colonna raggiungeva Tcertkovo, dove il comandante delle forze italiane della difesa faceva distribuire vettovaglie ed assicurava alloggiamenti al coperto. L'afflusso dei ritardatari continuava per l'intera giornata del 26 dicembre. Dall'esame della situazione, subito condotto con il Comando locale e con quello tedesco, risultava che la via verso ovest, su Belovodsk, era in possesso del nemico e che il movimento non poteva essere proseguito.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

La giornata di Natale trascorreva relativamente calma.

domenica 25 dicembre 2022

Cronaca di una sconfitta annunciata, 24.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

24 DICEMBRE.

Il Comando del Gruppo di Armate «B» aveva confermato all'8a Armata l'ordine di resistere in ogni modo all'avanzata nemica, articolando le azioni in base alla situazione di ciascun tratto del fronte: - resistenza rigida sulle posizioni intatte del Corpo d'Armata Alpino, fino a Novo Kalitva, e su quelle, assai meno consistenti, del XXIV Corpo corazzato, tra Novo Kalitva e Golaja; - resistenza temporeggiante e ritardatrice a sud di Golaja fino a Michailo Aleksandrovskji, azione da rendere sempre più statica e consistente con il sopraggiungere di nuove forze (19a Divisione corazzata) nella zona di Starobelsk - Belovodsk - Novo Markovka, iniziato il 24 dicembre.

Le necessità di prendere contatto sulla destra con il gruppo Fretter Pico, di sbloccare le forze italiane e tedesche assediate a Tcertkovo e quella, meno impellente, ma non remota, di respingere l'avversario verso il Don, non consentivano l'impiego della Divisione anche per estendere l'occupazione, come sarebbe stato utile, verso nord, per allinearsi con l'ala destra del XXIV Corpo d'Armata e per colmare la falla tra Golaja e Novo Markovka, ampia circa 40 chilometri. Poiché il Comando tedesco giudicava necessaria la ricostituzione di una linea continua, il compito fu assunto dal XXIV Corpo. Questo, dopo l'arrivo della Julia, del gruppo Fegelein e della 387a Divisione, non aveva ricevuto nuove forze, mentre per opporsi all'avanzata sovietica aveva veduto ridursi quelle esistenti. Per poter prolungare a sud la propria linea doveva necessariamente assottigliare lo schieramento in atto.

Nella giornata del 26 dicembre raggiungeva Michailovka, in quelle del 27 e del 28 si spingeva ancora fino a Vissotscinof, sul parallelo di Kantemirovka, dimezzando così la falla, che rimaneva pur sempre ampia circa 20 chilometri. Un simile vuoto nello schieramento permetteva ancora al nemico di operare a tergo dei due tronconi, lasciando aperta a nord la via di Valuijki alle spalle del Corpo d'Armata Alpino, mentre a sud esisteva analoga minaccia per il gruppo Fretter Pico. II Comando d'Armata prospettava la pericolosa situazione al Comando del Gruppo di Armate «B» e provvedeva direttamente, nel modesto limite delle sue possibilità, spostando il 2 gennaio le forze residue della Cosseria, in corso di riordinamento, dalla zona a sud-ovest di Rossosc a quella di Rovenki. Il Comando del Gruppo di Armate, però, fidando più sulle presunte intenzioni del nemico che sulle forze a propria disposizione, decideva di alleggerire ulteriormente lo schieramento del XXIV Corpo, sottraendogli le modestissime forze residue della 27a corazzata (già ridotta dall'allontanamento del gruppo Haufmann con la 298a Divisione).

Questa Grande Unità, nominalmente «corazzata», cessava, in pratica, di essere tale, ricevendo in rinforzo due «reggimenti di addestramento», incompleti nella preparazione alla guerra e nelle dotazioni; essi inoltre avrebbero conservato la dipendenza organica dalla loro originaria «Divisione d'addestramento». Era, questo, un altro sintomo della grave situazione in cui versava l'Esercito tedesco. La 27a Divisione, così ricostituita, prendeva posizione a sud di Vissotscinof, mentre il limite destro del XXIV Corpo veniva spostato a sud, sulla linea Kriniza - Nikolskojc - Tisckovka - Peski.

Il 28 dicembre il nuovo schieramento era in atto; il XXIV Corpo d'Armata corazzato aveva così assolto il compito ricevuto. Tuttavia le unità erano stanche, gli effettivi ridotti, l'occupazione a sud di Golaja realizzata soltanto con caposaldi troppo distanziati, mancavano le riserve. In sostanza, gli ordini superiori erano stati eseguiti ma la situazione su quel tratto di fronte risultava sempre precaria. A sud del XXIV Corpo, la Divisione corazzata, in un primo tempo, rinforzava i caposaldi di Novo Markovka e di Belovodsk, estendeva poi il proprio controllo a sud, nella valle del Derkul, dando protezione alla linea del Donez e coprendo Voroscilovgrad insieme con la retrostante zona minerario-industriale.

Il Comando del Gruppo d'Armate progettava, frattanto, una azione congiunta tra la 19a corazzata e le forze del presidio di Tcertkovo, per dare al nemico, penetrato nella zona di Voloscino (settore Fretter Pico), la sensazione di essere accerchiato. Il Comando d'Armata prospettava le difficoltà dell'operazione, ma l'attuazione del progetto era ugualmente tentata il 29 dicembre: - la 19a Divisione raggiungeva soltanto la zona di Strelzovka, nella valle Kamyscnaja, a circa 25 chilometri da Tcertkovo; - il presidio assediato compiva la sua puntata verso ovest, progredendo di poco; il collegamento diretto, il rifornimento di viveri e munizioni, lo sgombero di ammalati e feriti non potevano avere luogo, né in quel giorno, né in un secondo tentativo compiuto il 10 gennaio. Dal 29 dicembre all'8 gennaio, l'avversario conduceva consistenti attacchi contro la 19a Divisione nella valle Kamiscnaja, infliggendole un forte logorio, mentre stringeva sempre più da vicino i presidi assediati di Gartmiscevka e Tcertkovo.

BLOCCO SUD.

Alle ore 5 del 24 dicembre la colonna si poneva in marcia su Krasnojarovka, occupata di forza alle ore 20 dal 6° bersaglieri, che ne scacciava le forze sovietiche occupanti. La temperatura era scesa a -35°, aggravata da forte bufera di vento. La marcia terminava alle ore 5 del giorno di Natale. Durante la sosta, vuotati i serbatoi dalla benzina, venivano distrutti col fuoco tutti gli automezzi ormai inservibili; il carburante ricuperato veniva destinato agli automezzi impiegati per il traino delle poche artiglierie superstiti od al trasporto di feriti e congelati. II movimento previsto su Nizne Patmos veniva disdetto in quanto la strada era sbarrata dal nemico. Occorreva, pertanto, allungare l'itinerario con un aggiramento ad est.

BLOCCO NORD.

Alle ore 8 del 24 dicembre, era raggiunta Sidorovka, alle 11 Gussev. A circa 5 chilometri da Mankovo Kalitvenskaja, la colonna era deviata da forti resistenze nemiche non potute superare. La marcia doveva essere invertita verso sud per Poltavka (ore 14) - Ivanovka - Chodokov, avanzando nella neve alta, con temperatura rigidissima e nebbia. Molti i congelati che, sostando per riposarsi, passavano dal torpore alla morte per assideramento. Partigiani armati di armi automatiche e pezzi a tiro rapido tendevano frequenti agguati alla colonna.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Il 24 dicembre veniva sciolto il gruppo d'intervento della Julia. Alle ore 5,15 il nemico attaccava il battaglione Val Cismon che, con il concorso di cinque semoventi tedeschi, respingeva con un contrattacco l'avversario oltre le sue posizioni di partenza, catturando prigionieri, armi e materiali. Verso le ore 9,30 dello stesso giorno, il battaglione Vicenza, appoggiato da sei carri armati tedeschi, contrattaccava il fianco destro di un grosso reparto sovietico che minacciava Kriniscnaja, nel settore della 385a Divisione tedesca. L'azione dei russi era stroncata con gravi perdite. Alle ore 11 il battaglione Tolmezzo era nuovamente attaccato da due battaglioni sovietici, dopo brevissima e violentissima azione di fuoco, durante una vorticosa bufera di neve che batteva di fronte gli alpini, riducendone la visuale. Veniva respinto anche questo attacco, con il concorso dell'artiglieria della Cuneense. I prigionieri catturati asserivano che l'azione russa aveva per obiettivo l'abitato di Komarof.

DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

II Comandante del II Corpo d'Armata, consapevole che il morale dei reparti avrebbe avuto importanza determinante negli scontri con un nemico imbaldanzito dal recente successo, il 24 dicembre invitava il Comandante della Ravenna a svolgere ogni possibile azione perché tutti i dipendenti di ogni grado si prodigassero nell'adempimento dei loro compiti, dimostrando che le traversie subite tra Don e Donez non avevano inciso sulla loro capacità combattiva. II Comandante della Ravenna rispondeva assicurando che l'opera morale di comando era già stata svolta, precisando che nel negativo episodio di Kantemirovka non erano state coinvolte solamente unità della Divisione, ma anche altri corpi e specialmente reparti dei servizi.

Nella stessa giornata, il Comandante del II Corpo poteva riferire al Comando dell'8a Armata sulla consistenza della difesa della testa di ponte, nella quale erano impiegati 4.084 uomini (124 ufficiali) e 33 bocche da fuoco d'artiglieria di calibri varianti dai 20 ai 105 mm. Il Comando della Sezione di Gruppo d'Armate Fretter Pico, il 24 dicembre, comunicava al Comando del II Corpo la propria intenzione di trasferire le forze italiane dalla difesa dei ponti di Voroscilovgrad a quella di altro settore del Donez. Il Generale Zanghieri rispondeva il 25 dicembre comunicando le limitate possibilità di quei reparti. Però, già il 27 dicembre il Generale Fretter Pico comunicava personalmente al Generale Zanghieri l'ordine di spostamento della Ravenna. Alla fine dello stesso giorno il Comando del Gruppo di Armate «B» emanava i propri ordini per la prosecuzione della battaglia tra Don e Donez.

sabato 24 dicembre 2022

Cronaca di una sconfitta annunciata, 23.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

23 DICEMBRE.

Il Comando del Gruppo di Armate «B» nella giornata del 23 dicembre, mutava lo schieramento della propria ala destra, assegnandone la parte meridionale al gruppo Fretter Pico (XXX Corpo d'Armata tedesco) e restringendo sensibilmente l'ampiezza del settore affidato all'8a Armata italiana, dando a questa il compito principale «di ostacolare e ritardare quanto possibile una avanzata di ulteriori forze nemiche oltre la linea ferroviaria» Rossosc-Millerovo e di «difendere in modo decisivo» il fronte sul Don tenuto dal Corpo d'Armata Alpino italiano fino a Novo Kalitva e quello del XXIV Corpo d'Armata corazzato tedesco da Novo Kalitva a Golaja. Su questo tratto erano schierate da nord a sud la Divisione Julia, la 385a tedesca, il gruppo Fegelein, la 27a corazzata tedesca e la 387a tedesca.

A sud di Golaja, però, non tutto il territorio era stato abbandonato al nemico, poiché nelle località di Bugajevka, Gartmiscevka e Tcertkovo, tre isolati presidi italiani erano rimasti operanti a contrastare l'avanzata delle forze avversarie, dando copertura al fianco sinistro del gruppo Fretter Pico impegnato in azioni offensive contro Diogtevo. Il Comando d'Armata doveva eseguire il compito ricevuto, pur non disponendo più: - del II Corpo d'Armata, ritirato dal fronte ed in corso di riordinamento nelle zone di Voroscilovgrad (Divisione Ravenna) e di Rossosc (Divisione Cosseria); - del XXXV Corpo d'Armata - CSIR, con le Divisioni Sforzesca, Pasubio, Torino e 3a Celere, rimaste tutte fuori del nuovo limite meridionale del settore e che stavano faticosamente ripiegando verso il Donez.

Era, però, in via d'affluenza la 1a Divisione corazzata tedesca, destinata a schierarsi sulla destra del XXIV Corpo corazzato, rimanendo alle dirette dipendenze del Comando d'Armata. Alcuni suoi elementi avevano costituito presidi sulla nota linea ferroviaria e, quando fosse stato completato l'arrivo delle altre forze, l'intera Grande Unità avrebbe cooperato alla nuova avanzata verso est. A tutte le forze tedesche dipendenti il Comando d'Armata impartiva i propri ordini nella giornata del 23.

PROSECUZIONE DEL RIPIEGAMENTO DELLE DIVISIONI DI FANTERIA.

Le unità dell'8a Armata italiana, che dal 19 dicembre erano in ritirata dalla linea del Don, formavano due blocchi di forze in ripiegamento su altrettanti itinerari principali: - blocco sud; - blocco nord. Le unità del II Corpo d'Armata ebbero sorte diversa, come precisato più avanti.

BLOCCO SUD.

Si era venuto costituendo a Kijevskoj, durante la giornata del 22 dicembre, con elementi delle più varie provenienze, confluiti attorno al maggiore nucleo omogeneo della Sforzesca. Il più importante reparto che si era unito a questa Divisione era il 6° reggimento bersaglieri. Invece, gli uomini provenienti dal II Corpo d'Armata, dal XXXV - CSIR e dalle altre Divisioni italiane del XXIX Corpo tedesco, si erano riuniti e avevano costituito un reggimento di formazione, denominato «Mazzocchi» dal nome del Comandante del 79° fanteria che ne teneva il comando. Questa nuova unità era costituita su tre battaglioni, che prendevano il nome dalle Divisioni dalle quali proveniva la maggior parte del personale inquadrato: - il battaglione Pasubio raggruppava appartenenti al 79° fanteria e ad altri ventuno reparti delle Divisioni Torino, Ravenna, Celere, del Comando del XXXV Corpo e di altre unità e servizi di Corpo d'Armata e d'Armata; - il II battaglione Celere (meno il 6° bersaglieri) inquadrava elementi provenienti da trentatré reparti delle Divisioni Ravenna e Torino, del Comando del XXXV Corpo e di altre unità e servizi di Corpo d'Armata e d'Armata; - il III battaglione Sforzesca comprendeva tutti gli elementi appiedati appartenenti all'omonima Divisione, non inquadrati nel loro reggimento o negli altri minori reparti.

I battaglioni, formati dapprima su tre compagnie di tre plotoni, dovettero essere portati a quattro compagnie ciascuno, facendosi distinzione tra il personale provvisto dell'armamento individuale e quello che ne era sprovvisto. Il reggimento era dotato del solo pezzo da 75/27 potuto portare in salvo dall'8° reggimento artiglieria della Pasubio, che era stato prima affiancato ai pezzi superstiti del 17° artiglieria della Sforzesca e poi restituito alla sua Divisione. Durante la giornata erano state respinte puntate di mezzi corazzati avversari provenienti da Nizne Astachof. Due carri armati erano stati distrutti. Nella notte sul 23 dicembre, il 6° reggimento bersaglieri rinforzato dalle artiglierie disponibili, sostituiva un gruppo tedesco nello sbarramento della valle Nagolnaja ad ovest di Kievskoj, rimanendo sulle posizioni fino all'imbrunire del giorno seguente e combattendo per l'intera giornata. Le rimanenti unità raggiungevano Annenskij, dove, per ordine del Comando del XXIX Corpo tedesco, si organizzavano a caposaldo per difendersi dalle forze avversarie che occupavano la valle Nagolnaja. Ad Annenskii potevano congiungersi ai superstiti del 53° fanteria.

BLOCCO NORD.

Il 23 dicembre, data la situazione, il Comandante della Torino ordinava l'incenerimento delle bandiere reggimentali, per evitarne la possibile cattura. La violenza dell'azione di fuoco avversaria cresceva di giorno in giorno con l'impiego di bocche da fuoco di maggiore potenza. Le operazioni di riordinamento intese a conferire ai reparti di formazione la maggiore possibile organicità, e quindi un rendimento migliore, venivano turbate dalla perentoria richiesta tedesca tendente ad ottenere immediatamente 14 reparti di formazione italiani di circa 100 uomini, da impiegare nella difesa dei settori comandati dai Generali italiani Capizzi (Ravenna) e Rossi (Torino).

Alla sera tutti i comandanti italiani erano invitati a radunarsi al Comando della 298a, per conferire maggiore prontezza di decisioni e di intervento alla loro azione di guida dei reparti. Nelle prime ore della notte venivano diramati gli ordini per la rottura dell'accerchiamento ed il trasferimento nel caposaldo di Tcertkovo. I feriti ed i congelati in grado di marciare seguivano la colonna, gli altri erano trasportati sulle slitte disponibili o sul solo autocarro per il quale era stata trovata benzina; gli intrasportabili venivano lasciati sul posto, affidati al senso di umana solidarietà dell'avversario. Alle 23,30 aveva inizio il movimento. I sovietici attaccavano la retroguardia italiana, ma questa li tratteneva durante tutto lo sfilamento della colonna. Il combattimento durava fino all'alba del 24 dicembre ed alcuni reparti impegnati nella lotta non riuscivano più a raggiungere la colonna.

La temperatura era scesa a -40° ed i soldati italiani marciavano un'altra volta digiuni, perché non era stato possibile ottenere gli avio rifornimenti richiesti, né il Comando della 298a Divisione tedesca, a fianco della quale pure combattevano i reparti italiani, aveva ceduto una parte del proprio vettovagliamento. La marcia notturna, per merito della retroguardia italiana, consentiva alla colonna di sottrarsi al nemico, seguendo un itinerario in aperta campagna.

Divisione Cosseria.

Raccolti a Sofjcvka il Comando della Divisione, una parte del 90° fanteria, il 108° artiglieria (meno un gruppo), i reparti del genio ed i servizi, dopo che i resti dell'89° fanteria si erano raccolti a Losctscina e dopo aver combattuto fino al 20 a fianco della 385a Divisione, il 23 dicembre, tutta la Cosseria si trasferiva nella zona di Lisinovka-Jekaterinovka, in prossimità di Rossosc, dove sostava fino al 31 dicembre, passando alle dipendenze d'impiego del Corpo d'Armata Alpino. Tra il 10 ed il 5 gennaio, esigenze operative determinavano lo spostamento della Divisione nella zona di Rovenki-Beloluzkaja, a protezione del fianco destro del Corpo d'Armata Alpino, continuando nella nuova dislocazione le operazioni di riordinamento, già iniziate.

Da quella zona, per un aggravamento della situazione sul fronte del XXIV Corpo d' Armata corazzato tedesco, la Divisione, passata alle dipendenze dirette del Comando d'Armata, veniva avviata in direzione di sud-ovest fino a raggiungere Izjum. Da qui si diresse poi a nord-ovest, iniziando una lunga marcia a piedi di 1.300 chilometri, con temperature talora discese al di sotto dei -40°, ed eseguita sempre nel rispetto dell'ordine e della disciplina. Fu percorso l'itinerario Karkov - Ahtyrka - Romny - Priluki - Neshin, fino a Novo Beliza, nella zona di Gomel (Russia Bianca) raggiunta il 7 marzo. La Divisione si ricongiungeva così al Comando del II Corpo d'Armata ed alla Divisione Ravenna.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Nella giornata del 23 dicembre non avevano luogo azioni importanti.

DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

Il Comando dell'8a Armata, nella giornata del 23 dicembre, stabiliva che la difesa della testa di ponte aveva grande importanza ai fini di future azioni controffensive e che quel compito era preminente sugli altri. Prescriveva, inoltre, che la difesa tenesse contegno aggressivo, spingendo le proprie punte contro le fanterie nemiche avanzanti.

Vigilia di Natale 2022

Come ogni anno anche questa vigilia di Natale avrei scritto un pensiero su quanto accadde esattamente in queste ore, 80 anni fa, in Russia. E' uno degli episodi a cui più sono legato, per tanti motivi, e forse anche perché ho avuto l'occasione di visitare quella zona sia nel 2016 che nel 2019. Parlo della battaglia di Arbusovka, da molti conosciuta come "la valle della morte". L'occasione, infausta a mio avviso, mi viene proprio da un servizio del TG5 Storia sulla Campagna di Russia. Ore 13.30 circa alla fine del telegiornale che seguo sempre in modo più distaccato, sento il conduttore parlare della Campagna di Russia. Come non prestare la massima attenzione una volta tanto che qualcuno la ricorda?!

Il servizio è totalmente improntato sulla resistenza degli Alpini sul fiume Don e sulle parole di Mario Rigoni Stern... oggi? Oggi che ricorre l'anniversario, esattamente 80 anni fa in queste stesse ore, della più significativa battaglia sostenuta dalle nostre truppe sul fronte russo con circa 20.000 fra caduti, dispersi e prigionieri su circa 25.000 fra fanti, bersaglieri, artiglieri, CC.NN.

Perché ad ogni occasione SEMPRE e SOLO accostare la Campagna di Russia agli Alpini, per i quali ovviamente va tutto il mio rispetto?

Cronaca di una sconfitta annunciata, 22.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

22 DICEMBRE.

BLOCCO NORD.

Per tutta la giornata del 22 dicembre, le unità sovietiche, occupando le alture circostanti, avevano accerchiato la conca di Arbusov, nella quale si erano raccolti i reparti italiani della Divisione Torino, del gruppo Capizzi, di un'aliquota della Pasubio e quelli tedeschi della 298a Divisione. Nella notte l'avversario premeva le unità assediate concentrando il fuoco di armi automatiche, mortai, lanciarazzi ed artiglierie sul facile bersaglio degli uomini all'addiaccio; le abitazioni erano state tutte occupate dai tedeschi, giunti per primi. Sempre nel corso della notte si riordinavano i reparti, raccogliendo coloro che erano in grado di combattere, mentre venivano condotti contrassalti, che smorzavano l'aggressività del nemico.

Il Comando tedesco decideva di effettuare alle ore 7 un'azione tendente ad allontanare la stretta dell'avversario. Il grosso dei reparti italiani sopravanzava nell'azione quelli tedeschi attaccanti, irrompeva nelle linee sovietiche e le respingeva, conseguendo lo scopo dell'operazione. Furono catturati molti prigionieri, armi e munizioni, ma molti furono tra gli attaccanti italiani i morti ed i feriti, questi ultimi dovuti tenere all'aperto per le difficoltà poste dai tedeschi della 298a a cedere, anche in parte, le costruzioni da essi occupate. L'azione di fuoco del nemico continuava, provocando altre forti perdite. A sera il Comando tedesco ordinava l'abbandono delle linee raggiunte al mattino dagli italiani.

DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

Il Comando del II Corpo d'Armata, giunto a Voroscilovgrad nella notte sul 22 dicembre, durante la mattina, presa conoscenza della situazione locale, emanava i primi ordini per la difesa dei due ponti, del tratto di fiume interposto ad essi e della città retrostante, precisando subito dopo che si sarebbe trattato di una consegna da eseguire senza risparmio di energie e di sacrifici. Frattanto, con l'affluenza a Voroscilovgrad dei reparti della Ravenna provenienti da Valentinovka, veniva assegnata al Comandante di questa la responsabilità della difesa della testa di ponte, separandola da quella della difesa della città. Alla Ravenna erano affidati i compiti di: - difesa ad oltranza dei ponti e del fiume da ogni infiltrazione nemica e, in linea subordinata, difesa della zona urbana di Voroscilovgrad e adiacenze; - alimentazione delle forze della difesa, innanzi tutto con i reparti della Divisione stessa, ma anche con altri, tratti da qualunque unità italiana; - ordinato sgombero a tergo dei reparti non prontamente reimpiegabili, coordinandone i movimenti con le esigenze dell'Intendenza.

venerdì 23 dicembre 2022

Cronaca di una sconfitta annunciata, 21.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

21 DICEMBRE.

II Comando del Gruppo di Armate «B», di fronte all'evidente impossibilità di esecuzione dell'ordine di resistenza sulla linea indicata il giorno precedente, impartiva nuove disposizioni intese a: - arretrare le unità sulla linea Kalitva - Diogtevo - Verhnij Makejevka - Verhnij Grekovo, ancora idonea a coprire il fianco sinistro del Gruppo di Armate Don; - eliminare, con reparti ripiegati ed altri in corso di affluenza a Millerovo, le unità nemiche giunte fino a Diogtevo.

Lo schieramento dell'Armata, in quel giorno, a seconda delle diverse situazioni poteva essere considerato così articolato: - schieramento settentrionale, con un fronte pressoché continuo, tenuto da: Corpo d'Armata Alpino, sulle vecchie posizioni da Bielogorje a Staro Kalitva; XXIV Corpo d'Armata corazzato, da Novo Kalitva a Golaja, con: 385a Divisione, da Novo Kalitva a Kriniscnaja (compreso il gruppo d'intervento Julia); gruppo Fegelein, da Pervomajsk ad Atamanski; resti della 27a Divisione corazzata, in zona di Kosj; 387a Divisione, in affluenza tra Lissenkovo e Golaja; Divisione Julia, in seconda schiera nella zona di Poddubnovka - Grigorjcvka; - settore centrale, tra Kantemirovka e Diogtevo, difeso da forze intervallate di varia consistenza e di diversa nazionalità dislocate a Malcevskaja, Tcertkovo, Gartmiscevka, Buhaievka e, più arretrate, a Belovodsk; - settore meridionale, tra Diogtevo e Verhnij Grekovo, nel quale si trovavano il Comando del XXXV Corpo d'Armata (senza unità ai suoi ordini) e le unità sottoposte al XXIX Corpo d'Armata tedesco: Divisioni Pasubio, Torino, 3a Celere, Sforzesca e 298a tedesca, tutte in corso di ripiegamento verso la zona di Tcertkovo - Diogtevo - Verhnij Makejevka. A Millerovo, con altri reparti minori tedeschi, era in affluenza la 3a Divisione alpina tedesca, destinata ad agire in cooperazione con la 298a, contro le forze sovietiche di Diogtevo.

La pressione frontale esercitata dalle unità nemiche, specialmente nel corso della fase di rottura del fronte, era alquanto diminuita, a causa delle gravissime perdite loro inflitte dalla difesa nelle giornate precedenti. L'avversario tendeva ad esercitare la sua azione frapponendosi, con forze corazzate e motorizzate, tra le unità in ripiegamento, favorito dagli ampi spazi determinatisi nello schieramento centrale ed in quello meridionale.

298a Divisione tedesca.

Era rimasta sempre unita al gruppo Capizzi, della Ravenna, ed aveva fatto blocco anche con la Divisione Torino. Dopo una faticosa marcia notturna, all'alba aveva raggiunto i pressi di Posdnjakof, dove trovava resistenza per superare la Tihaja. In questa località, verso le ore 7, la retroguardia della Torino veniva attaccata contemporaneamente da nord-ovest e da sud-est da due battaglioni appoggiati da carri armati. Verso le ore 9,30, ormai sulla sponda destra della Tihaja, la colonna era nuovamente attaccata da fanterie, mentre i carri armati ne circondavano i margini come in un movimento di carosello. Nelle ore meridiane il nemico preveniva la colonna, facendosi trovare schierato sopra un'altura, che la 298a doveva attaccare, con il concorso di reparti italiani. La Torino veniva, a sua volta, attaccata a tergo; superate le posizioni nemiche, la colonna giungeva ad Arbusov, sostandovi per la notte.

Divisione Pasubio.

Nella notte sul 21, nell'intento di sottrarsi alle circostanti forze nemiche, veniva ripresa la marcia in direzione sud, preceduta dall'esplorazione, condotta da elementi a cavallo, con quadrupedi tratti dal carreggio. Il movimento era ostacolato da uno scontro con il nemico presso Olchovski. Un nuovo scontro alle ore 7 era sostenuto presso Tihomirovski, ove gli italiani avevano la meglio contro una colonna motorizzata russa, che si ritirava dopo avere subito considerevoli perdite. Verso le ore 8,30, la colonna giungeva a Verhnij Makejevka, congiungendovisi con la colonna della Divisione Sforzesca.

Divisione Torino.

Nella notte i reparti procedevano in ordine su Posdnjakof. Le difficoltà dell'itinerario, svolto parzialmente fuori delle piste, imponevano l'abbandono di parte degli automezzi e delle artiglierie. Verso le ore 7, circa due battaglioni sovietici, provenienti uno da nord-ovest ed uno da sud-est, attaccavano la colonna, che reagiva con l'artiglieria e con un violento contrattacco del III/81° fanteria. A questa mossa il nemico rispondeva con l'intervento di carri armati, provocando considerevoli perdite. Solamente alle ore 9 poteva essere ripreso il movimento, che proseguiva attraverso gli abitati di Posdnjakof e Ticho Sciuravskaja. Ad ovest di Smirnovskij un nuovo sbarramento nemico veniva rotto dopo un'ora e mezza di lotta, ma, mentre la testa della colonna combatteva per aprirsi la strada, era attaccata anche la retroguardia e la conca di Arbusov poteva essere raggiunta soltanto alle ore 20.

In questa località la Torino giungeva disponendo in tutto di tre pezzi da 75/27 e di quattro autocarri. Tutto il rimanente armamento pesante e l'autocarreggio erano andati perduti per mancanza di carburante e per le difficoltà della marcia sulla neve e sul ghiaccio. Doveva essere richiesto, via radio della 298a Divisione tedesca, un urgente rifornimento aereo di viveri.

3a Divisione Celere.

Il Comando della Divisione rimaneva separato dai reparti dipendenti e, dopo due giorni durante i quali non era riuscito a collegarsi con alcuno di essi, raggiungeva Forschstadt, sul Donez, e successivamente Voroscilovgrad. All'alba il Comando del 3° bersaglieri decideva di organizzarsi a difesa nell'abitato di Kalmikof, dove aveva trascorso la notte. Prima che avesse dato inizio alla sistemazione, il reggimento veniva attaccato da est e da sud da forti contingenti di fanteria con mortai ed artiglieria di piccolo calibro. La lotta risultava frazionata in brevi ed isolati scontri. Dopo aspro combattimento l'intera colonna veniva circondata e catturata. Il 6° bersaglieri si era invece unito alla colonna della Divisione Sforzesca, della quale divideva le sorti.

Divisione Sforzesca.

Nella notte una quindicina di carri armati attaccava Popovka e sei di essi erano distrutti, mentre un nucleo di carabinieri respingeva la fanteria che li accompagnava. Intanto i reggimenti di fanteria ricevevano l'ordine di radunarsi a Verhnij Cirski per riprendere il ripiegamento verso sud, passando dalla valle del Tcir a quella della Jablonovaja. Durante l'esecuzione dei movimenti il fianco sinistro del 53° fanteria era fortemente attaccato da carri armati verso le 18,30. Il combattimento durava circa due ore, con gravi perdite da entrambe le parti.

La marcia con le misure di sicurezza aveva appena avuto inizio verso le ore 23, quando un nuovo e più forte attacco di mezzi corazzati, sulla testa e sui fianchi della colonna, separava l'avanguardia (I/53°), che poteva tuttavia uscire dall'accerchiamento, dopo aspra lotta e dopo aver distrutto 6 carri armati. Il grosso della colonna (54° fanteria) restava chiuso nella morsa nemica, né poteva essere soccorso dal 6° bersaglieri, che veniva attaccato e respinto dai carri armati russi. A Verhnij Makejevka, dove si trovava il Comando della Divisione, giungevano il Comandante del XXXV Corpo d'Armata, con elementi del suo Comando e il Comando della Divisione Pasubio, con elementi del 79° fanteria. Nella notte la colonna, sganciatasi combattendo dal nemico, si portava a Kjevskoje.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Nelle giornate del 21 e del 22 dicembre, mentre sul fronte settentrionale dell'8a Armata (Corpi Alpino e XXIV corazzato) si verificava un allentamento della pressione del nemico, nel settore meridionale l'azione delle unità corazzate e motorizzate sovietiche rendeva impossibile ogni tentativo di ricostituzione di un fronte da parte delle unità dei Corpi d'Armata XXXV - CSIR e XXIX tedesco. I movimenti delle due Grandi Unità cessavano così di avere scopi tattici per esaurimento della capacità operativa dei reparti. Esse avevano subito gravissime perdite ed erano pressoché prive di armamento, di munizioni, di carburanti e poco rifornite di viveri, alcuni dei quali erano aviolanciati soltanto per le più impellenti necessità.

La Divisione alpina Julia - come si è detto - aveva inviato con autotrasporto dal 18 dicembre il proprio gruppo d'intervento nel settore del II Corpo d'Armata. I due battaglioni L'Aquila e Tolmezzo, con le unità di rinforzo, avevano preso posizione a sud della Tciornaia Kalitva, tra Novo Melniza ed Ivanovka (esclusa), a prolungamento verso sud della linea tenuta dalla Cuneense, raccordandosi a destra con la 385a Divisione tedesca. Su quelle posizioni era stato affiancato anche il battaglione Monte Cervino, già molto logorato. Gli altri reparti della Julia, non appena sostituiti nel precedente schieramento, durante le giornate del 19, 20 e 21 avevano compiuto il non facile trasferimento a piedi, marciando a ridosso delle posizioni della Cuneense.

Già nella giornata del 20 il battaglione L'Aquila, del gruppo di intervento, schierato tra il quadrivio di Selenj Jar ed Ivanovka, aveva respinto elementi esploranti del nemico. Al mattino del 21 un attacco sferrato da due battaglioni della 352a Divisione sovietica era stato anche respinto dallo stesso battaglione L'Aquila. Con uguali forze, all'alba del 22, l'attacco veniva violentemente ripetuto. Tutta la Divisione era ormai schierata e poteva lanciare un immediato contrattacco, sostenuto da soli quattro carri armati tedeschi. Entro le ore 15 la situazione era stata ristabilita. Alle ore 10, poco più a nord, il nemico muoveva all'attacco contro il battaglione Tolmezzo. Respinto, rinnovava il tentativo dopo due ore, con due battaglioni della 167a Divisione. Nuovamente respinto, era costretto ad interrompere l'azione alle ore 15 con perdite fortissime.

II CORPO D'ARMATA.

Il Comando del Corpo d'Armata, dal giorno 19 non aveva più responsabilità operative, dovendo provvedere alla ricostituzione delle proprie unità in zona diversa da quella di Mitrofanovka, nella quale era dislocato, troppo esposta alle vicende della lotta in corso. Il 17 dicembre era avvenuta la separazione di un primo blocco di forze della Divisione Ravenna (gruppo Capizzi), formato prevalentemente da reparti del 37° reggimento fanteria ed elementi di rinforzo, defluito verso sud-est e congiuntosi alla 298a Divisione tedesca, della quale condivideva le sorti nel duplice assedio di Arbusov e di Tcertkovo e nella sortita da quest'ultimo.

Gli avvenimenti del 19 dicembre a Kantemirovka determinavano, come si è visto, il deflusso disordinato da quella città della maggior parte della Divisione Ravenna, di gran parte del 90° reggimento fanteria della Cosseria, con i rispettivi elementi di rinforzo. La più consistente parte di forze della Divisione Cosseria era stata raccolta a Sofjevka, poco ad ovest della ferrovia Rossosc-Millerovo mentre i resti dell'89° fanteria, rimasti in linea fino al 20 dicembre a fianco della 385a Divisione tedesca, si raccoglievano a Losetscina dietro l'ala destra della Divisione alpina Cuneense. In questa situazione il Comando d'Armata decideva che il Comando del II Corpo d'Armata lasciasse Mitrofanovka e, transitando per Rossosc-Starobelsk, si trasferisse a Voroscilovgrad, raggiungendovi il nucleo maggiore delle sue unità e, appoggiandosi poi ai magazzini dell'Intendenza, si dedicasse alla ricostituzione dei reparti. Il movimento, iniziato nella tarda sera del 20 dicembre, era ultimato entro il 21.

Divisione Ravenna.

I reparti della Divisione, giunti a Voroscilovgrad tra il 19 ed il 21 dicembre, vi venivano subito raccolti, sottoposti ad un primo riordinamento, forniti dell'equipaggiamento e dell'armamento di reparto distrutto in combattimento o successivamente perduto, ed erano impiegati nella difesa dei ponti e della città, come sarà detto più avanti. Il Comandante della Divisione, dopo avere ceduto la difesa del caposaldo di Taly al gruppo tedesco Andersen, entro la sera del 19 dicembre aveva raccolto a Valentinovka (4 chilometri a sud-est di Mitrofanovka) i reparti che lo avevano seguito; in tutto 1.200 uomini con 30 ufficiali, 2 pezzi da 105/28 e 20 autocarri. In quella località egli dedicava le giornate del 20 e del 21 dicembre ad una migliore organizzazione dei reparti.

Al mattino del 22 dicembre veniva avvertito, da elementi della 387a Divisione tedesca, che una ulteriore avanzata del nemico rendeva precaria la situazione e riceveva direttamente l'ordine dal Comando di Armata di trasferirsi a Voroscilovgrad con la colonna ai suoi ordini, transitando per Rossosc - Rovenki - Starobclsk - ponte di Vesselaja Gora.